Cultura

Achille Perilli, una vita dedicata all’«irrazionale geometrico»

Achille Perilli, una vita dedicata all’«irrazionale geometrico»Achille Perilli, «Il brutale disdegno», 1975

Ritratti Se ne va all'età di 94 un protagonista dell'arte del dopoguerra. Aderì a Forma 1, movimento che difendeva l'autonomia del linguaggio aniconico, senza riferimenti al mondo esterno. Il suo astrattismo fu geometrico e anche un po' zen

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 19 ottobre 2021

Nel 1968 Achille Perilli disponeva di una intera sala alla Mostra internazionale di Venezia ma la chiuse, aderendo alle contestazioni in atto. Il suo vivace e sgargiante «irrazionale geometrico» (contaminato poi da calligrafie orientali e filosofie zen), però, già vagava per il mondo da tempo, tra Parigi, Praga e, anni prima, si era affacciato a san Paolo, in Brasile, anche lì per la Biennale.
Nato a Roma il 28 gennaio del 1927, Achille Perilli – appena scomparso all’età di 94 anni ad Orvieto – è stato un protagonista di quella rivoluzione del linguaggio che attraversò l’Italia nel dopoguerra, creando una forte polarizzazione intellettuale tra chi sosteneva le ragioni dell’astrattismo e chi, invece, difendeva la figurazione, ritenuta socialmente «più utile». Lui, con Dorazio, suo compagno di liceo al Giulio Cesare e «collega» nelle primissime, adolescenziali esposizioni, si schierò dalla parte della nuova koiné, quella aniconica.

Nel 1947, infatti, fu fra i firmatari del manifesto Forma 1 (insieme a Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Antonio Sanfilippo). Si contestavano i vari psicologismi e i legami con il mondo esterno, insistendo sull’autonomia dell’arte rispetto alla realtà e sulla forma pura, «unico mezzo per sottrarci ad influenze decadenti». Forma 1 si dichiarava anche di orientamento marxista, nella convinzione che «formalisti e marxisti non fossero inconciliabili».

La prima mostra fu ospitata dalla Galleria Art Club che divenne poi luogo frequentatissimo da Perilli e da molti altri artisti. Nel ’48 assieme a Dorazio, Guerrini (con loro darà anche vita alla Libreria-Galleria Age d’Or) e Manisco partecipò alla decorazione del cinema-teatro Splendore per il primo concerto jazz. Intanto, faceva da liaison fra Roma e Milano con il gruppo Mac che andava sperimentando negli stessi anni le nuove strade del dipingere e del design – c’erano Dorfles, Soldati, Munari. Collaborò nel ’52 alla fondazione della rivista Origine e nei suoi viaggi parigini entrò in contatto con Tzara, approfondendo gli studi sul dadaismo. Fu sempre interessato al teatro: realizzò scene e costumi per il balletto Mutazioni, su un libretto di Nanni Balestrini e collaborò con l’architetto Sacripanti al Teatro Totale di Cagliari. Il 21 aprirà al Mart di Rovereto Piero Guccione e Achille Perilli. Ai confini dell’astrazione.

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