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Accordo Ue-Kabul: aiuti in cambio di rimpatri forzati

Accordo Ue-Kabul: aiuti in cambio di rimpatri forzatiMarcia di protesta dei rifugiati afgani ad Atene – LaPresse

Afghanistan La Conferenza di Bruxelles promette 4 miliardi di dollari l’anno sino al 2020 ma li vincola al ritorno degli afgani indesiderati. E nella capitale si prevede un nuovo scalo solo per loro

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 6 ottobre 2016

Dalla Conferenza di Bruxelles sull’Afghanistan, dopo le buone notizie arriva la doccia fredda. E se la borsa è piena per circa 4 miliardi di dollari l’anno sino al 2020 che consentiranno al malridotto governo di Ashraf Ghani di tirare il fiato, gli aiuti sono stati condizionati all’accettazione di un piano segreto che riguarda i migranti afgani costato sei mesi di trattative.

Si chiama Joint Way Forward e se n’era parlato già mesi fa quando un memo segreto della Ue aveva delineato una strategia per il rimpatrio di almeno 80mila afgani. Della cosa però non si era più saputo nulla e, addirittura, si era detto che la questione migranti non sarebbe stata vincolata agli aiuti di Bruxelles. Ma la vicenda invece è saltata fuori proprio a Bruxelles che è stata la cornice dell’accettazione del piano da parte di Kabul: un piano che prevede che chiunque si veda rifiutato il diritto di asilo, una volta verificato che non vi siano altre possibilità di accettazione in un Paese membro, venga rispedito a casa. Lo voglia o no. In altre parole una deportazione concordata. A che ritmo? Per i prossimi sei mesi almeno 50 persone per aereo su voli diretti a Kabul o ad altro aeroporto afgano anche se il numero dei voli non viene quantificato. Si capisce però che non saranno pochi, tanto che le parti si sono accordate per un eventuale nuovo terminal dedicato agli espulsi nell’aeroporto della capitale dell’Afghanistan che accetta di riceverli e integrarli, ossia farli semplicemente rientrare nel Paese.

Sino ad ora solo 5mila migranti afgani hanno fatto ritorno volontario a casa su 178mila che, nel 2015, hanno inoltrato richiesta d’asilo nella Ue: quattro volte di più che nel 2014 e arrivando a costituire il secondo gruppo di migranti dopo i siriani.

Kabul deve fare buon viso a cattivo gioco con oltre un milione di sfollati interni e la minaccia di Islamabad di rimandare a casa entro marzo un milione di afgani, un terzo dei quali è già stato espulso dal Pakistan. E benché i funzionari di Bruxelles neghino che sia sia utilizzata la leva degli aiuti per far deglutire a Kabul l’amaro calice, è davvero difficile pensare che non sia stato così: Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, è stato chiaro quando ha spiegato che la Ue sosterrà Kabul con denaro e programmi per nuovi posti di lavoro in Afghanistan. Già da giorni i tedeschi erano stati ancora più chiari: o l’Afghanistan si riprende i migranti o si chiude la borsa.

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