Internazionale

Accordo sul nucleare, a Tehran ok ad alta tensione

Iran Consiglio dei Guardiani e Majlis approvano il piano congiunto stabilito a Vienna. Bagarre in aula, ultraconservatori furiosi

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 15 ottobre 2015

Il Consiglio dei Guardiani ha approvato il piano congiunto sul nucleare, stabilito a Vienna lo scorso 14 luglio. Il Consiglio ha potere di veto rispetto alle decisioni del parlamento. Il Majlis aveva dato martedì il suo via libera al testo finale che prevede la possibilità per Tehran di proseguire con il suo programma nucleare a scopo civile con la fine delle sanzioni a partire dal prossimo anno. In aula ci sono stati momenti di altissima tensione con gli ultra-conservatori, contrari all’intesa, che hanno inveito contro i negoziatori iraniani e in particolare con il ministro degli Esteri, Javad Zarif. «Lo getteremo nel reattore di Arak», hanno urlato in aula. Secondo alcuni economisti, l’economia iraniana crescerà almeno del 4% l’anno, come effetto immediato delle sanzioni internazionali. Secondo un think tank di Washington (Fondazione per la Difesa delle Democrazie), la crescita potrebbe raggiungere anche il 5% fino al 2019.

Questo intercetterebbe la recessione che colpisce il paese, come conseguenza delle sanzioni internazionali, nonostante i timidi segnali di ripresa degli ultimi anni. In particolare, la parziale rimozione di alcune sanzioni, decisa nel novembre 2013, ha già avuto effetti positivi sull’economia iraniana.

Secondo le stime, l’Iran ha tra i 90 e i 120 miliardi di dollari in beni congelati a causa delle sanzioni. Di questi, tra i 40 e i 60 miliardi sono introiti della vendita del petrolio, mai incassati. Quando il piano entrerà in vigore, questi soldi sarebbero immediatamente disponibili nelle casse iraniane. Ma le tensioni tra Usa e Iran restano su molti temi. ll corrispondente del Washington Post, Jason Rezaian, è stato condannato per spionaggio. Le autorità statunitense ne hanno chiesto il rilascio immediato. Il presidente Hassan Rohani aveva paventato un possibile scambio di prigionieri con gli Usa nel suo recente intervento all’Assemblea delle Nazioni unite.

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