Accordo del secolo, oggi l’annuncio ufficiale
Territori occupati Il premier dell'Anp Mohammad Shtayyeh: il piano di Trump è un complotto contro la causa palestinese, la comunità internazionale deve respingerlo. Oggi "Giornata di collera" in Cisgiordania e Gaza
Territori occupati Il premier dell'Anp Mohammad Shtayyeh: il piano di Trump è un complotto contro la causa palestinese, la comunità internazionale deve respingerlo. Oggi "Giornata di collera" in Cisgiordania e Gaza
Prima dell’incontro con il premier israeliano Netanyahu ed il leader dell’opposizione Gantz, Donald Trump ha prima confermato che oggi alle 18 (ora italiana) annuncerà ufficialmente l’Accordo del secolo, quindi ha previsto che i palestinesi accetteranno il suo piano, infine ha affermato che senza i palestinesi «non faremo l’accordo, e questo va bene». Nessuno si lasci ingannare da questi toni morbidi. In caso di rifiuto palestinese l’Amministrazione americana darà il via libera all’annessione unilaterale allo Stato ebraico della Valle del Giordano e delle ampie porzioni di Cisgiordania in cui sono stati costruiti circa 150 insediamenti coloniali israeliani. A Netanyahu e Gantz, Trump ha spiegato che hanno a disposizione sei settimane – più o meno quanto manca alle elezioni israeliane del 2 marzo – per presentare le loro osservazioni. Quindi ha mostrato mappe con quelli che saranno i confini orientali di Israele una volta applicato il piano. Stando alle indiscrezioni, la Casa Bianca ha anche regalato a Israele il controllo totale della Tomba dei Patriarchi ad Hebron e della Tomba di Rachele alle porte di Betlemme.
«Donaldus Trumpus Caesar si prepara a premiare il governatore provinciale Netanyahu con l’Accordo del secolo», titolava ieri Haaretz un commento di Chemi Shalev. Un accordo di pace, nota l’opinionista, avviene tra due o più parti in conflitto mentre questo «deal» è tra due stretti alleati. Non è chiaro se Netanyahu abbia già ottenuto da Trump luce verde all’annessione di Maale Adumim, il maggiore insediamento coloniale (38mila abitanti) a Est di Gerusalemme. Se sarà riconfermato, il premier israeliano, contro le intenzioni annunciate nei mesi scorsi, annetterà subito Maale Adumim e solo in un secondo la Valle del Giordano. Per due motivi: spezzerà in due la Cisgiordania, all’altezza di Gerusalemme, impedendo che lo staterello-fantoccio che Trump ha in mente per i palestinesi possa avere un territorio omogeneo; avrà così il tempo di trovare una soluzione alla presenza di 75mila palestinesi della Valle del Giordano. Uno degli obiettivi del piano Trump è permettere a Netanyahu o al suo rivale Gantz di appropriarsi di ampie parti dei territori occupati nel 1967 senza assorbire abitanti palestinesi ai quali poi, almeno in teoria, sarebbe tenuto ad accordare la cittadinanza israeliana.
Oggi sarà una «Giornata di collera» dei palestinesi contro il Piano Trump. La polizia dell’Autorità Nazionale (Anp) comunque farà il possibile per impedire che i manifestanti raggiungano le postazioni dell’esercito israeliano. Ieri mentre a Gaza e in Cisgiordania si bruciavano in strada bandiere statunitensi e israeliane, il primo ministro dell’Anp, Mohammad Shtayyeh, ha esortato la comunità internazionale a boicottare il piano Usa. «Non è un piano di pace – ha protestato – è un complotto per liquidare la nostra causa, perché conferisce a Israele la sovranità sul territorio palestinese». Il presidente Mahmud Abbas (Abu Mazen) si è rifiutato di avere un colloquio telefonico con Trump e si prepara a discutere con i vertici dell’Anp e dell’Olp delle contromisure da adottare per contrastare la mossa di Washington. Ma i margini di manovra a sua disposizione sono minimi. Abbas spera nell’Ue ma proprio gli europei potrebbero fargli pressioni affinché accetti di discutere il piano con la Casa Bianca. Dalla sua parte sembra avere solo il re di Giordania, Abdallah II, uno stretto alleato di Washington che però continua a ribadire la sua netta opposizione all’Accordo del secolo che, non prevedendo uno Stato sovrano per i palestinesi, di conseguenza mette a rischio la stabilità del suo regno, popolato in buona parte da giordani di origine palestinese e da profughi.
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