Accessibilità pop e attitudine nerd, il jazz quasi «spot» di Domi & JDBeck
Musica Il duo franco americano in concerto a Roma. Benedetti da Hancock, mentore Anderson .Paak, mescolano ritmi e stili incandescenti
Musica Il duo franco americano in concerto a Roma. Benedetti da Hancock, mentore Anderson .Paak, mescolano ritmi e stili incandescenti
Li ha «benedetti» Herbie Hancock suonando con loro, sono delle star sulla rete e lo stanno diventando dal vivo mentre ascolti e visualizzazioni si moltiplicano, come i fan americani ed europei. Sono il duo Domi & JDBeck, tastiere e batteria: lei francese, lui americano di Dallas che hanno riempito di un pubblico giovane ed entusiasta il giardino della Casa del Jazz per il loro recital nel festival Summer Time. Insieme hanno meno di 45 anni e come duo esistono dal 2018. Smile, primo singolo, è già un successo replicato dall’album di debutto Not Tight (2022), edito dalla Blue Note ma con alle spalle il loro mentore Anderson .Paak (e la sua etichetta Apeshit): cantante, rapper, batterista e produttore discografico, oggi 37enne. Gli spettatori conoscono i brani, li richiedono, li seguono presi dal ritmo incandescende della batteria (JDBeck utilizza soprattutto rullante, cassa, piatto e charleston, in sequenze serrate ed impervie), dall’incedere incalzante del basso realizzato da una delle due tastiere di Domi, dal complessivo suono vintage – eppur moderno – del gruppo.
TALVOLTA le melodie vengono cantate in un delicato unisono vocale e si genera una miscela di semplicità melodica, ritmo, improvvisazioni strumentali con la tastierista che usa due keyboards oppure si concentra su uno che ha suono ora da piano elettrico ora da organo e di tutte le timbriche intermedie. Domi Louna è approdata dal conservatorio di Parigi alla Berklee School; JD è un brillante autodidatta.
Amano Beatles, Frank Zappa e Police ma conoscono il jazz: nel recital suonano un raro brano di Wayne Shorter del 1985 (Endangered Species). Disposti uno di fronte all’altra, inquadrati da due (finti) alberelli rosa e da un fondale azzurro-verde, Domi & JDBeck sembrano chiusi in una stanza (come nel loro video WhatUp). La musica ha un respiro da spot, frammentario e, a tratti, appare autoreferenziale: forse piace proprio per questo. Affascina come un jingle pubblicitario esteso, è accattivante, memorizzabile. Loro, nel comunicare, sono un po’ impacciati per quanto tecnicamente bravi. Nell’official video Smile (regista Paak) accudiscono un vecchio e scontroso jazzista a cui regalano orecchie nuove con cui riesce, finalmente, a sentire la loro musica. Forse servono orecchie nuove.
SE PARLIAMO di nuovo, il progetto New Future City Radio – con Rob Mazurek, trombe; Damon Locks, elettronica, voce; Mauricio Takara, percussioni – il 18 (Fauves Estate, 20 anni di Battiti) ha veramente aperto un «portale sonoro». Forte di un avvincente sciamanesimo musicale e della interattiva, rituale quanto eversiva creatività dei suoi componenti, il trio di Mazurek ha mostrato uno scenario ‘altro’ del jazz contemporaneo. Scenario che il 20 ha regalato agli appassionati Enrico Pieranunzi, Michele Corcella (direttore e arrangiatore) ed il Roma Jazz Ensemble in un formidabile omaggio a John Lewis. I jazz «possibili» del 2023.
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