È quasi un pretesto il romanzo di Nabokov, asciugato fino a lasciarne la metafora assoluta e amplificatrice di un reale teatrale agito e anelato, inquieto e irraggiungibile. Effimero. About Lolita di Biancofango (ultima replica stasera a India), scritto da Francesca Macrì e Andrea Trapani, scorre tra le linee del capolavoro letterario e l’iconica versione filmica di Kubrick, per la quale lo stesso Nabokov aveva preparato la sceneggiatura, mai usata dal regista e divenuta nel 2001 un maestoso spettacolo nelle mani di Luca Ronconi. Scorre tra romanzo e film e ironico si innerva di rimandi ai vissuti professionali, e generazionali, di Trapani-Quilty in «duello» con Francesco Villano-Humbert su un campo da tennis che diventa il terreno concettuale sul quale insidiare la fanciullina e s-travolgere se stessi.

IL PROLOGO video di Lorenzo Letizia mostra il volto di Gaia Masciale-Lolita tormentato dal vento mentre il suo sguardo irrequieto cerca, prima precipitare nuda sul fondo del mare tra alghe e pesci. Anche i due uomini fluttuano nell’acqua nudi come cristi in croce, per ritrovarsi da tennis abbigliati a tentare un dialogo, sempre trattenuto, mozzato, sospeso. Un fraseggio minimale ed evocativo di scritture altre ma strettamente connesse, appunto, con la vita d’attore, si citano Il soccombente di Bernhard, Orgia di Pasolini e Il gabbiano di Cechov con quel Trigorin che diventa un leit motiv di questa Lolita. E non manca una beckettiana banana lanciata verso la quinta. Sul tappeto arancione la scena pulita si riempie dei colori di Gianni Staropoli a segnare uno spazio mentale, il desiderio di andare e possedere quel fuoco, traslato nell’ansimare erotico della bulimica ragazzina che gioca la sua partita col piacere della scoperta e il dolore del fare. Travolge anche la sala la calata del velatino col volto di lei.