Aborto, un diritto acquisito ma di fatto negato
È passato da poco l’8 marzo e la campagna sulle molestie sessuali contro le donne sta conoscendo nuove protagoniste e un’azione mediatica inedita. Tutto molto bello se non fosse che […]
È passato da poco l’8 marzo e la campagna sulle molestie sessuali contro le donne sta conoscendo nuove protagoniste e un’azione mediatica inedita. Tutto molto bello se non fosse che […]
È passato da poco l’8 marzo e la campagna sulle molestie sessuali contro le donne sta conoscendo nuove protagoniste e un’azione mediatica inedita. Tutto molto bello se non fosse che nel frattempo anche i diritti acquisiti vengono di fatto messi in discussione.
Mi riferisco in primis a quello all’aborto, garantito dalla legge 194 del 1978. La quota dei medici obiettori, che rifiutano cioè di effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza sulle donne che lo richiedono, è balzata nel nostro Paese dal 58% del 2005 al 70,7 del 2015, ma in alcune regioni raggiunge addirittura il 90%. È per questo che due esponenti regionali di Liberi e Uguali, Marco Grimaldi in Piemonte e Mino Borraccino in Puglia stanno portando avanti una battaglia di civiltà cercando con due iniziative legislative di garantire un’adeguata copertura del servizio da parte del personale sanitario.
A Bari è giunta in aula la discussione della proposta di legge Borraccino volta a garantire una più completa applicabilità e capillarità territoriale della legge 194/78 e purtroppo non è mancato l’attacco del Forum delle associazioni familiari che in una logica eternamente conflittuale contrappone diritto all’aborto con il diritto alla maternità. La proposta di legge pugliese invece vuole tutelare nella pratica un percorso già emotivamente drammatico quale quello Ivg che necessità di supporto, accoglienza e dignità.
In Piemonte invece Liberi e Uguali ha presentato una delibera per far sì che tutti i presidi medici di tutte le Asl possano garantire il rispetto della 194, mettendo i direttori nelle condizioni – una volta fotografata la situazione degli operatori disponibili ad effettuare Ivg – di procedere a chiamate interne e se necessario ad assunzioni di personale disponibile, nel caso in cui gli obiettori superino il 50 per cento.
Nel 1978, quando la legge fu introdotta, l’opzione sull’eventuale obiezione di coscienza del personale sanitario fu pensata per tutelare coloro che erano già in servizio non certo per limitare e negare di fatto un diritto che la legge stessa invece stava contestualmente affermando. Fatto sta che a 40 anni dall’approvazione della 194 le obiezioni sono aumentate, solo negli ultimi 10 anni del 200% e gli episodi di quotidiana crudeltà verso le donne si moltiplicano: solo così infatti può essere definito il caso della donna che a Padova si è vista respingere da ben 23 presidi sanitari. In maniera altrettanto netta poi va detto che non possono esserci presidi e personale esclusivamente dedicati all’interruzione volontaria di gravidanza perché questo sarebbe una distorsione organizzativa e una limitazione delle capacità professionali del personale stesso. 40 anni fa la legge 194 portò le donne in una modernità fatta di libere scelte e di autodeterminazione, oggi un’ondata oscurantista vorrebbe raccontarci una scelta così dolorosa per ciascuna donna, come frutto della legge stessa. Più che di 40 anni rischiamo di tornare indietro di 4 secoli.
* Deputata di LiberieUguali
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