Cultura

Abitare implosioni e rovine dell’Antropocene

Abitare implosioni  e rovine dell’Antropocene

NARRAZIONI «Iposoggetti. Sul diventare umani», un volume di Timothy Morton e Dominic Boyer edito da Luiss

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 6 agosto 2022

L’ontologia orientata agli oggetti (OOO) è una corrente filosofica contemporanea, secondo cui tutti gli enti sono oggetti in relazione tra loro, nessuno dei quali, però, possiede un punto di vista privilegiato sugli altri. Tutti gli oggetti, cioè, mantengono sempre un lato oscuro anche per quell’oggetto a cui abbiamo dato il nome di umanità.
Tra gli esponenti più noti di questa nuova fenomenologia c’è sicuramente Timothy Morton, il cui principale contributo alla OOO è stato lo sviluppo della nozione di iperoggetti, ossia di quegli oggetti che possiedono almeno altre due caratteristiche: sono enormi spaziotemporalmente e sono viscosi, come una colata di cemento, una pellicola di plastica o delle scorie radioattive.

Uno degli iperoggetti che incombe sul pianeta Terra è il riscaldamento globale che, non a caso, è diventato tema sempre più centrale nel pensiero di Morton e al quale il filosofo angloamericano ha dedicato diversi libri, compreso l’ultimo, scritto nel corso della pandemia Covid-19 – un altro iperoggetto! – e firmato assieme all’antropologo Dominic Boyer: Iposoggetti. Sul diventare umani (raffinata traduzione di Alessio Bucci e Vincenzo Santarcangelo, Luiss UP, pp. 96, euro 18).

IBRIDO tra dialogo e flusso di coscienza, Iposoggetti, nonostante le questioni affrontate, è un pamphlet scanzonato scritto con grande ironia: con le parole degli autori, «un esercizio di pensiero inconsistente e caotico». Partendo dalla considerazione che l’incedere ogni giorno più incontrollabile dell’era degli iperoggetti è stato possibile grazie all’esistenza di ipersoggetti (maschi, bianchi occidentali), gli autori non si propongono di formulare una «teoria dell’iposoggetto», che sarebbe ancora qualcosa di troppo ipersoggettivo, quanto piuttosto di delinearne, a metà tra la descrizione e l’auspicio, gli aspetti principali in un gioco che instaurano tra loro e con lettrici e lettori.

L’iposoggetto «pensa in piccolo», «dice le cose a metà», «si accontenta di giocare, di prendersi cura, di adattarsi, di farsi male, di ridere», è orgogliosamente abietto, prova a superare il grigiore del «carattere tecnocratico di gran parte dei discorsi e degli apparati di resistenza» al sistema agrologistico capitalista, è dedito a un rigenerante «riciclaggio orgiastico», «è un’entità che è meno della somma delle sue parti» e che stabilisce alleanze che superano anche i confini di specie, «è un essere che non può trascendere sé stesso» in quanto subscedente, ovvero «vicino, sotto, dentro, meno di».

ANCORA: l’iposoggetto è «una forma implosa di soggettività» che abita le rovine dell’Antropocene e che, per provare a sopravvivere e a prosperare, si muove in direzione anti-antropocentrica; è un «bricoleur exoumano», che riconosce l’esistenza di «un nuovo proletariato» di cui fa parte anche chi, come «le mucche» e altri nonumani sfruttati a morte, è stato posto «fuori dallo spazio sociale».
Infine: l’iposoggetto è rivoluzionario. Per Morton e Boyer, infatti, l’iposoggetto è sempre moltitudini o sciami di iposoggetti che, vagabondando tra le crepe dell’iperoggetto neoliberale, sono «squatter» pronti a occupare le infrastrutture al fine di realizzare «una rivoluzione che non sia mega», cioè ipersoggettiva, ma molecolare, in quanto non prevede di «perseguire la negazione, ma di ricostruire una relazione», di «organizzare un’economia diversa».
Ed economia diversa «significa un modo diverso di organizzare il divertimento». Perché nulla più del divertimento è inviso alle passioni tristi dell’«androleucoeteropetrolmodernità» fascio-capitalista.

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