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Abel Ferrara e l’ospite non gradito

Abel Ferrara e l’ospite non graditoGerard Depardieu in Welcome to New York

Cannes 67 Era il titolo più atteso, «Welcome to New York», il nuovo Abel Ferrara sullo scandalo Strauss-Kahn Ma Frémaux non lo ha voluto. Uscirà il 17 in Vod: solo questione di business?

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 10 maggio 2014

Il film americano forse più atteso in programma a Cannes era, in realtà, un altro film reso possibile da un produttore francese. Il titolo, Welcome to New York, è chiaramente ironico – visto che l’ultimo lavoro di Abel Ferrara ripercorre molto poco velatamente (i personaggi hanno nomi diversi e «ogni somiglianza a persone o fatti reali è puramente casuale…», dice il trailer) la catastrofica trasferta newyorkese di Dominique Strauss-Kahn. Interpretato da Gerard Depardieu nei panni di Mr. Devreux («un uomo che manovra miliardi di dollari al giorno, controlla il destino economico di intere nazioni ed è divorato da un’incontenibile fame di sesso» e che, all’inizio del film, si sta accingendo a una promettente campagna elettorale) il film di Ferrara è evidentemente stato giudicato troppo scomodo dal punto di vista politico per essere incluso nella selezione ufficiale del festival, nonostante il regista sia stato spesso a Cannes (in concorso solo con Ultracorpi -l’invasione continua, ’93).

Ma la cosa non sembra aver turbato il produttore Vincent Maraval (la sua compagnia, Wild Bunch, è abitualmente uno dei maggiori fornitori delle selezioni di Fremaux), che ha deciso di utilizzare comunque la piattaforma promozionale offerta dalla Croisette, presentando il film in una proiezione speciale al mercato (accompagnata da una conferenza stampa), il 17 maggio, in contemporanea con la sua messa in rete in Francia e in parecchi altri paesi del mondo. La mossa garantisce che l’attesissimo titolo dell’autore italoamericano, proiettato (e disponibile per 7 euro su ogni computer della Riviera) in pieno week end sarà un potente polo d’attrazione alternativa alla programmazione ufficiale del festival (in concorso quel giorno Saint Laurent di Bertrand Bonello e Relatos Salvajes di Damian Szifron) e ha dato a Maraval l’opportunità di spiegare «in mondovisione» la sua scelta di non fare uscire Welcome to New York in sala ma di postarlo direttamente su internet.

«Era da tempo che volevamo tentare un esperimento di distribuzione online. Non ci piace usare la parola Vod (video on demand, ndr). Per noi si tratta di cinema a casa, come si fa negli Stati uniti e in molti altri paesi dove i film escono allo stesso tempo sia in sala che su internet. Secondo il principio che la proiezione a domicilio e quella in sala non sono concorrenziali», ha detto il produttore francese in un’ampia intervista apparsa sul quotidiano francese Le Monde in coincidenza con la conferenza ufficiale del festival, il 17 aprile scorso. Con un ragionamento non dissimile da quello fatto da Paul Schrader con The Canyons (altro film attesissimo, e addirittura concettualmente ideato solo per la distribuzione Vod, ma poi diventato un fenomeno critico e di pubblico anche nei festival, a partire dalla proiezione di Venezia 2013), l’aspettativa intrinseca a un progetto come questo – Ferrara su Strauss-Kahn, con Depardieu e Jacqueline Bisset (nei panni della moglie di DSK) – secondo Maraval motiva anche economicamente la scelta di bypassare il grande schermo: «In sala saremmo potuti uscire con 200, 250 copie con un ritorno di 300 mila euro al massimo. Con questa soluzione possiamo toccare il milione. Che, considerati i costi di stampa delle copie, è più di quello che abbiamo incassato con Her di Spike Jonze». Anche Ferrara (con cui Wild Bunch ha un rapporto molto forte) ha detto ancora Maraval, era favorevole: «Quando abbiamo fatto uscire il suo film precedente, 4:44 Last Day on Earth Abel ci aveva chiesto: perché non lo mettiamo in rete il giorno della fine del mondo?. E quando ti accorgi che 4:44 ha totalizzato 20 mila ingressi in sala ma 3 milioni di visioni su YouTube ti viene da pensare».

Sul reale tornaconto economico della distribuzione su Vod c’è ancora molto da capire. Parte del problema è che i riscontri delle visioni sulle piattaforme Vod sono ancora difficili da verificare nel dettaglio (perché spesso i dati forniti ai produttori sono scarsi). Lo stesso Schrader, per esempio, ha recentemente affermato che solo certi film si prestano a operazioni come quella da lui intrapresa con The Canyons.

Eppure la diffusione del cinema online è sempre più presente e motivo d’interesse. In Usa, oltre alle lista interminabili di titoli disponibili su Netflix o Amazon.com, piattaforme digitali come Fandor stanno infatti cominciando a offrire in rete una programmazione che combina titoli nuovi da tutto il mondo a sezioni retrospettive, simile quindi a quella offerta da un museo o da una sala art house.

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