Cultura

Abbattere il potere degli algoritmi facendo marcia indietro

Abbattere il potere degli algoritmi facendo marcia indietro

SCAFFALE «Noi, soggetti umani» di Alain Touraine. Il sociologo francese s’interroga sul senso dell’agire politico

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 9 gennaio 2018

Che cosa può fondare un’azione di trasformazione in senso progressista delle società contemporanee? Che vuol dire oggi emancipazione? Quali sono le pratiche e i saperi che la rendono possibile? Sono queste le domande che muovono l’ultimo libro di Alain Touraine Noi, soggetti umani (Il Saggiatore, pp. 308, euro 29). Un libro che esprime al contempo un’ulteriore sintesi del pensiero che il grande sociologo francese ha sviluppato negli ultimi dieci anni e una riflessione volta a rilanciare il senso dell’agire politico, in quanto agire umano, di fronte all’ascesa di un neo-taylorismo globale basato sullo sviluppo delle tecnologie digitali. Nelle società post-crisi un dibattito internazionale che per ora ha solo sfiorato il nostro paese non si incentra già più sul tema del populismo in quanto tale ma sui percorsi di uscita dalla crisi della democrazia rappresentativa che esso sembra esprimere.

CHI DEFINISCE QUESTA CRISI come incapacità della «democrazia (nazionale) debole», nata negli anni novanta del Novecento, di difendere gli assetti neo-liberali della globalizzazione economica non ha dubbi: una nuova forma di tecnocrazia e di governance assistita dagli automatismi dell’intelligenza artificiale e dell’internet delle cose, dovrà prendere il posto dell’agonizzante democrazia rappresentativa. L’idea è quella di affidare agli algoritmi una porzione sempre crescente della vita sociale ed economica, poiché questa è una dimensione prevalentemente tecnica e non politica. E la razionalità di questa tecnica, non a caso, coinciderebbe perfettamente con gli interessi dei grandi poteri economico-finanziari mondiali. Si tratta, insomma, della vittoria ideologica dei tecno-anarchici (sia di sinistra sia di destra), il cui pensiero oggi ispira le élite globali più strategicamente orientate. L’analisi di Alain Touraine è l’esatto rovesciamento di queste posizioni.

PER TOURAINE LO SCENARIO attuale nasce dal fatto che i «modernizzatori hanno divorato la modernità»: la globalizzazione neo-liberale è stata resa possibile dallo sviluppo delle tecnologie digitali, dalla Rete, dall’intelligenza artificiale. Questo sviluppo è stato imbrigliato in base a precisi interessi economici e politici: una nuova forma di potere totale e democraticamente irresponsabile si è affermato nel mondo. Questo potere punta a creare donne e uomini nuovi, docili, adatti alle esigenze del mercato globale. Esso ha prodotto una crescita prepotente del Pil mondiale, trainato soprattutto dai paesi dell’America e della Cina, ma anche «le crisi» come normale meccanismo di funzionamento: disuguaglianze crescenti, impotenza politica, marginalizzazione e abbrutimento dei ceti popolari, rischi di nuove guerre anche nucleari. Democrazie deboli ed esposte alle minacce del razzismo, della xenofobia, del neo-fascismo e del populismo ad Occidente, post-totalitarismi autoritari in Asia.

La fine della società industriale, dei suoi attori, delle sue speranze e pratiche di emancipazione ci consegna così uno scenario nel quale un lato della modernità, quello incentrato sulla volontà di potenza, sulla tecnica e sul dominio in nome della ragione, ha cercato di soffocare l’altro: quello emancipativo, dei diritti, della lotta alle ingiustizie, dello sviluppo della democrazia sociale e politica. Se l’analisi di Touraine si fermasse qui non sarebbe molto diversa da quella classicamente esposta dalla prima Scuola di Francoforte e, in particolare, da Adorno. Il merito del libro di Touraine, come delle sue opere precedenti, è invece quello di individuare in questo scenario i punti di appoggio, le opportunità, che consentono di opporsi a tutto questo, e di rilanciare una diversa idea di società.

LA MODERNITÀ che si approfondisce nell’epoca della globalizzazione e della Rete è soprattutto esaltazione delle capacità delle donne e degli uomini di decidere il proprio destino e la propria storia. Rovesciando in senso progressista questo assunto, che è anche quello del neo-liberalismo, Touraine sottolinea come il potere totale globale fallisca sistematicamente nella sua opera di «riduzione ad una dimensione» delle persone: l’esaltazione del soggetto personale rimette in campo la centralità della dignità umana e dei diritti umani, del corpo e del desiderio, della libertà e del riconoscimento della propria unicità. Orientamenti etico-politici che rivendicano un primato e un’indipendenza rispetto a tutti gli ordinamenti giuridici e gli assetti socioeconomici concreti: è in nome di questi punti di appoggio, non negoziabili e validi universalmente, che può dispiegarsi e di fatto si dispiega, un’azione individuale e collettiva di resistenza ai poteri globali e a un’idea di tecnica al loro servizio.

I TANTI MOVIMENTI delle donne, le rivoluzioni arabe come i movimenti degli indignati in tutto il mondo, nonostante il loro fallimento politico, sono il segno tangibile di questa possibilità. Solo partendo da questo, per Touraine, è possibile ripensare la democrazia e ridare senso ad un’azione politica realmente in grado di opporsi sia alle sirene del populismo che alle false lusinghe neo-liberali. Si tratta di una visione complessa e interessante, solo in parte convincente, soprattutto perché ci lascia con un interrogativo aperto, alle quali solo una stretta unione tra riflessione e pratiche concrete potrà dare una risposta: il solo, in fondo tradizionale, giusnaturalismo sarà davvero in grado di salvarci?

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