A Zenìa, la comunità nascosta dove è di casa il folk immaginario
Note sparse Il progetto - un cd e un audio libro - frutto della collaborazione fra Nora Tigges e Massimiliano Felice
Note sparse Il progetto - un cd e un audio libro - frutto della collaborazione fra Nora Tigges e Massimiliano Felice
Parte la musica, festosa e argentina, ancorata su un ritmo dispari portato dalla chitarra, inizia a cantare queste parole una voce fresca di donna: «Shee a nue, ze na voike limena, shenavanke tej navi». Sembra di intuire qualcosa, ma anche andando a cercare le parole una per una non troverete nulla. Quella lingua è lo zenìta, parlato dalla comunità di Zenìa. Che ha proprie usanze, costumi, tradizioni, un bel modo di vivere nel rispetto della natura, gioie e lacrime come tutte le comunità. A loro è dedicato un cd che è anche un piccolo libro di disegni e storie, Zenìa, appunto. È un disco di folk immaginario da un paese immaginario, e in una lingua che nessuno ha mai parlato o cantato. Fino a quando non l’ha inventata Nora Tigges, vocalist, disegnatrice, narratrice, che assieme a Massimilisano Felice, organettista e chitarrista, Davide Roberto, percussioni e canto, Andrea Marchesino, chitarra, ha dato corpo al tutto. Se è vero che tutte le «tradizioni» sono inventate, non meri dati biologici, allora riservate un angolo delle vostre emozioni anche al bel mondo di Zenìa, ora depositato in un cd uscito per Nota Records, etichetta da molti anni attiva, appunto, nel campo del folk e delle musiche etniche «vere».
RACCONTANO Tigges e Felice: «Zenìa è nato di per sé come una creatura ibrida, non solamente musicale, non propriamente teatrale. È un ’concertacolo’, come ci piace definirlo, nato anche grazie all’apporto del regista Claudio Pieroni. Prima di diventare un disco e un libretto, è stato uno spettacolo che ha girato molto per teatri, sedi di rassegne concertistiche, e anche festival di arti di strada. Ultimamente è diventato anche un parziale spettacolo in streaming su Youtube, grazie alla collaborazione dello studio Abbey Rocchi di Roma». L’idea di base? «Creare un ’altrove’ narrativo sospeso tra leggenda e metafora, che esprimesse un senso di comunità non identitario, non claustrofobico». La lingua zenita sembra rammentare i suoni di molte lingue, anche lontane fra loro, il pienontese e lo wolof africano..«Succede sempre che dopo gli spettacoli qualcuno mi venga a dire che una certa frase gli ha rammentato qualcosa che conosce, e che in un certo senso chi ascolta se ne sia appropriato. Lo troviamo entusiasmante. Ho curato la ripetizione di certi suoni e di certi fonemi, in modo da dare un’idea di regolarità grammaticale, ma sempre tenendo ferma la bassa sulla libertà da un preciso riferimento semantico. Sono cresciuta in una famiglia dove si parlavano quattro lingue europee diverse, credo abbia lasciato il segno»
IL SOTTOTITOLO di Zenìa è «suoni e storie di un paese immaginario». In un certo senso, dicono anche gli studiosi, praticamente ogni riproposizione di «folk» reale è anche folclore immaginario, perché la tradizione è tutt’altro che fissata nel tempo..«Nell’ottica del lungo respiro la tradizione tutta è cangiante, siamo d’accordo. Noi abbiamo voluto fornire un repertorio che, per così dire, suoni come ’a disposizione di tutti’, una comunità immaginata metaforica, desiderata, condivisa».
UN DISCORSO diverso, ad esempio, dal grammelot usato da Dario Fo, o dalla Gnosi delle Fanfole di Fosco Maraini: «Lì il segreto del funzionamento è l’apparente presentazione di qualcosa che ’suoni’ come italiano, ma non lo è, di qui lo scherzo teso a chi ascolta e si ingegna a capire. La lingua zenita richiama molte cose diverse assieme, invece, è uno spettro di suoni possibili, non ha alcun elemento di improvvisazione come succede nello scat jazzistico, simula una regolarità». Zenìa è un progetto una tantum, un tentativo? «No, lo riteniamo un primo capitolo, l’inizio di una storia assai più complessa da raccontare. Ci confrontiamo quotidianamente, stanno venendo fuori nuove storie e nuovi racconti che hanno bisogno di parole e di musica. Il primo capitolo, potremmo dire, l’inizio della storia di Zenia».
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