Scuola

A un mese dall’inizio della scuola si cercano 20 mila aule, a Roma istituti in difficoltà

A un mese dall’inizio della scuola si cercano 20 mila aule, a Roma istituti in difficoltàPreparativi per la riapertura delle scuole – LaPresse

Emergenza Covid La denuncia dei presidi del Lazio: "Il 30% non sa come gestire il distanziamento". Agostino Miozzo (Comitato tecnico scientifico) chiede il ritorno del medico scolastico. "I contagi saranno valutati di volta in volta"

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 14 agosto 2020

A un mese dall’inizio del nuovo anno scolastico in tempo di emergenza Covid, e della chiusura degli istituti la settimana successiva per le elezioni regionali e il referendum sul taglio dei parlamentari, il 30% delle scuole di Roma e del Lazio non è in grado di dire come saranno distanziati gli alunni e gli studenti con i banchi con o senza rotelle. Mancano le aule, in particolare nella Capitale. E i nuovi 2,4 milioni di banchi che il Commissario straordinario Domenico Arcuri aveva promesso per il 12 settembre, ma che arriveranno forse solo a ottobre , non risolveranno il problema del sovraffollamento delle aule, né quello della ricerca di spazi adeguati per garantire la didattica in presenza. «La mancata consegna dei banchi aggrava il quadro generale, già di per sé drammatico per l’assenza degli enti locali che dovrebbero intervenire sul patrimonio edilizio» denuncia Mario Rusconi, presidente dei presidi Anp Lazio.

IL PROBLEMA che sta emergendo a Roma potrebbe essere presente nelle maggiori città. Secondo una stima fatta sempre dall’associazione nazionale dei presidi a livello nazionale oggi servirebbe individuare circa 20mila le aule da allestire in spazi alternativi alle scuole. Sarebbero, al momento, almeno 400 mila studenti, circa il 5% del totale, a dovere fare lezione in questi spazi, rispettando le distanze stabilite dalle linee guida per la prevenzione anti-contagio.

ALLA MAPPATURA, e all’individuazione, degli spazi è collegato il problema del personale aggiuntivo da assumere, precariamente, dal primo settembre. Nel decreto agosto il governo ha stabilito che la cifra sarà di 50 mila, metà docenti e metà personale Ata, molti dei quali saranno concentrati nelle scuole dell’infanzia e primaria. È stata definita una ripartizione dell’organico che vedrà 11.668 posti (47%) al Nord 10.681 (42,7%) al Sud, 2.651 (10,6%) nelle Isole. A questo proposito è sorto un dubbio: il criterio di ripartizione del personale aggiuntivo non è stato determinato in base alla capienza delle aule e il suo rapporto con la disponibilità degli spazi alternativi – attività in corso di svolgimento – ma in base alla popolazione scolastica e alle richieste delle singole regioni. In mancanza di una mappatura un territorio popoloso potrebbe ricevere più personale, quelli meno densi resteranno sguarniti. In attesa dei circa 80 mila nuovi docenti assunti per concorsi in maniera scaglionata, e in tempi incerti, è stato stimato che i 25 mila precari andrebbero in circa 15 mila classi, il 4% delle 370 mila esistenti, inferiore rispetto a quanto stimato dai presidi dell’Anp. «Dietro la polemica dei banchi si nasconde il nodo politico principale: non investire strutturalmente sul sistema di istruzione, con la speranza che passi la nottata – sostiene Pino Turi (Uil scuola) – Le scuole e i territori non sono tutti uguali. Evidentemente una mappa precisa dei bisogni manca e sarà utilizzato il solito metodo, quello dell’influenza politica».

NON È ANCORA CHIARO del tutto cosa davvero accadrà in caso di contagio. Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico-scientifico, sostiene la necessità del ritorno del medico scolastico e che i casi di contagio saranno valutati di volta in volta: «Potrebbe essere inevitabile la sospensione temporanea». Per ora sembra che la responsabilità dovrebbe essere condivisa tra i presidi e le Asl, ma sembra mancare un approccio sistematico. La ministra dell’Istruzione Azzolina ha rinviato il problema a un altro documento da scrivere con l’Istituto superiore di sanità e il ministero della salute. Il Miur caldeggia l’uso della app «Immuni» per docenti e studenti. Fuori dalla scuola la sua diffusione non è stata proprio un successo. Sono previsti 2 milioni di test seriologici per il personale, ma l’unico strumento di prevenzione resterà la mascherina. Ne saranno prodotte 11 milioni al giorno con 50 mila litri di gel igienizzante. Gli studenti delle medie e superiori dovranno indossarle a seconda della capacità di mantenere un metro di distanza. Saranno i docenti a doverlo fare mantenere. E poi terranno anche la lezione.

L’INCERTEZZA sul futuro prossimo non solleva le famiglie dal ritorno alla didattica a dist:anza, sia a causa di un’ondata di ritorno del Covid in autunno, sia a causa della mancanza degli spazi. Secondo un’indagine dell’università Bicocca di Milano su 7 mila famiglie il 30% delle madri teme di dovere lasciare il lavoro nel caso in cui i bambini non ritornino in aula. Durante il lockdown hanno dedicato in media 4 ore al giorno ad aiutare i figli: praticamente un secondo lavoro part-time. La prospettiva resta quella di scaricare il peso di questa situazione sulle spalle delle famiglie e soprattutto delle donne.

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