A Umbria Jazz tre festival in uno per 50 anni di musica
Dal vivo Da Marc Ribot a Kenny Barron per il cinquantennale della rassegna, la storia in una mostra visitabile fino al 27 agosto
Dal vivo Da Marc Ribot a Kenny Barron per il cinquantennale della rassegna, la storia in una mostra visitabile fino al 27 agosto
Da un lato i numeri, dall’altro l’esperienza diretta. Da una parte i risultati della consolidata struttura-marchio Umbria Jazz, dall’altra elementi di una storia ormai cinquantennale, con musica-media-società profondamente trasformati dall’estate 1973.
UMBRIA JAZZ 50th Anniversary (7-16 luglio) – dati ufficiali – ha registrato 40.000 paganti con un incasso di oltre 2,3 milioni di euro Sui social un flusso di pubblico nei canali del festival di oltre 2 mil. di utenti; di impatto l’attività dell’emittente ufficiale, Radio Monte Carlo, con 122 ore di diretta, 70 interviste e più di 10 live realizzati. Quest’anno è stata riproposta la formula varata dal 2003, quella dei «tre festival in uno»: grandi eventi musicali, alla «periferica» Arena S. Giuliana; concerti jazz al teatro Morlacchi (con l’appendice della Sala Podiani, presso la splendida Galleria Nazionale dell’Umbria) in pieno centro storico; musiche afroamericane gratis per tutti/e negli spazi cittadini (p.zza IV Novembre, Giardini Carducci). Poi ci sono le jam notturne «ufficiali» alla Taverna 36 Jazz Club e «ufficiose» (in altri luoghi, come in via Caporali 12), la didattica (Berklee College e conservatorio)…
ALLA SALA Pediani (il 14) la cantante Vanessa Tagliabue Yorke ha proposto il recital We Like It Hot, evocando Billy Wilder e dando spazio al suo amore per i ruggenti anni ’20 tra la vocalist Annette Hanshaw e il Duke Ellington stile jungle (con M. Ottolini, F. Bearzatti e G. Scaramella). Nello stesso spazio – reso prezioso dalla riproduzione di tutti i manifesti di UJ e da una bella scenografia – il 15 ha suonato in due set il chitarrista Marc Ribot in splendida solitudine acustica. Ribot sa mettere insieme blues arcaico e sperimentazione, Albert Ayler e West End Blues, ragtime e flamenco: il suo non è eclettismo, è una visione enciclopedica di repertori che sa suonare perfettamente come destrutturare e stravolgere senza perdere il filo della loro espressività.
Al teatro Morlacchi, vero fulcro del festival jazz, si è riproposto il duo Enrico Rava e Fred Hersch con luci ed ombre (probabilmente dovute ad un calo di forma fisica del flicornista che ha saputo riscattarsi). Tra i concerti seguiti in teatro il più toccante è stato quello del pianista afroamericano ottantenne Kenny Barron (con l’ottimo K. Kitagawa al contrabbasso e la giovane, talentuosa batterista S. Harris). Il 15 pomeriggio Barron ha spaziato dal musical a Monk, proponendo svariate sue originali composizioni e omaggiando il pianista sudafricano Abdullah Ibrahim. Repertorio, linguaggio, arrangiamenti, fraseggio, improvvisazione: tutto ha brillato nel recital del trio di Barron, un maestro del jazz che non è (mai stato) mainstream. Stessa accoglienza di pubblico (ma alle 21,30) per il gruppo Four di Bill Frisell. Formazione di alto valore, con G. Tardy, G. Clayton e J. Blake: i brani del chitarrista-leader indulgono in atmosfere timbricamente raffinate prive di nerbo ritmico. Piace molto, comunque, questa musica intimistica e dai colori tenui.
Davvero deludente all’arena S. Giuliana (il 14) il progetto del batterista Stewart Copeland Police Deranged for Orchestra con Umbria Jazz Orchestra e Orchestra da Camera di Perugia. Si lasci stare ciò che fecero Sting e Gil Evans nel 1987 ma qui si è semplicemente assistito ad una versione dilatata del repertorio dei Police senza originalità e senza solismi se non quelli, consueti, batteristici e chitarristici.
Umbria Jazz è, oggi, un mega-contenitore di musica di cui si può fruire a vari livelli, da quello più turistico-eventista alla scelta mirata di artisti e proposte jazz. Preziosa la mostra fotografica Umbria Jazz 1973-2023 a cura del direttore artistico e fondatore Carlo Pagnotta e di Marco Pierini, direttore della Gall. Naz. dell’Umbria che la ospita sino al 27 agosto. Può essere l’inizio di una riflessione ampia e approfondita su un mezzo secolo di jazz in cui l’intuizione fondamentale fu quella di proporlo dal vivo nei luoghi pieni di storia ed arte dell’Umbria (e dell’Italia).
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