A Torino corteo antifascista contro il comizio (in albergo) di Casa Pound
Alta tensione Manifestanti respinti dagli idranti e dalle cariche della polizia. Due arresti, tre agenti feriti
Alta tensione Manifestanti respinti dagli idranti e dalle cariche della polizia. Due arresti, tre agenti feriti
Aggiornamento delle 23.15 del 22 febbraio 2018
Due arresti, tre agenti feriti, una sassaiola, lacrimogeni e idranti. Questo il bilancio della manifestazione anti fascista che ha attraversato il centro di Torino per lunghe ore.
La protesta inizia alle otto di sera di fronte alla stazione di Porta Nuova, distante due chilometri dal lussuoso hotel dove si tiene l’incontro di Casa Pound e del suo capo, Simone Di Stefano.
Sotto una pioggia battente che a tratti si trasforma in grossi fiocchi di neve, circa mille manifestanti giungono dopo pochi minuti di cammino in corteo allo sbarramento in largo re Umberto, dove ad attenderli è schierato un ingente apparato di polizia e carabinieri in assetto anti sommossa. Sono presenti autonomi riconducibili al centro sociale Askatasuna, anarchici, alcuni Notav e candidati di Potere al Popolo.
Il corteo si apre con uno striscione recante la scritta “Torino antifascista, ora e sempre resistenza”: giunti allo sbarramento i manifestanti vengono respinti da tre cariche e dall’apertura degli idranti.
«Da Torino a Palermo scateniamo l’inferno. Non è solo uno slogan ma una promessa. Quello che è stato fatto a Palermo all’esponente di Forza Nuova è una concreta azione di antifascismo ed è legittima perché attaccare i fascisti è una difesa popolare»: queste le parole scandite dai manifestanti mentre marciavano lungo corso Vittorio, accompagnati dalle strofe de “La rage”, canzone manifesto di Keny Arkana nata nelle periferie parigine.
Dopo il contatto, breve, una ragazza si staccava dal corteo e affrontava da sola l’imponente schieramento di poliziotti e carabinieri. Dietro di lei i manifestanti assistevano alla sfuriata della giovane donna che accusava le forze dell’ordine di proteggere i fascisti di Casa Pound.
I quali, poco distante, portavano avanti il loro incontro.
A sovraccaricare gli animi, nella notte precedente vi erano state alcune perquisizioni ai danni di una decina di militanti dei centro sociali torinesi, una della quali si concludeva con l’arresto di un giovane per detenzione di prodotti chimici aggressivi.
Caricati più volte, i manifestanti hanno abbandonato lo scontro frontale con le truppe, ed hanno iniziato a girare per le vie del centro cittadino, seguiti – non senza difficoltà data l’ingombranza dei mezzi – dalle forze dell’ordine.
In questo modo giungevano a poca distanza dall’albergo, dove ergevano alcune barricate con i cassoni dell’immondizia: la polizia reagiva con un fitto lancio di lacrimogeni. Dopo il lancio di alcuni sassi e petardi, che ferivano tre poliziotti, il corteo veniva nuovamente disperso.
Ricompattati a pochi metri dal punto dello scontro, i manifestanti si sono allontanati dall’albergo dove intanto proseguiva l’incontro di Casa Pound: iniziava così un lungo vagare per il centro cittadino, che si concludeva alle undici di sera poco distante dal centro sociale Askatasuna.
L’articolo sul manifesto in edicola
La notte antifascista di Torino inizia alle otto di sera di fronte alla stazione di Porta Nuova, distante due chilometri dal lussuoso hotel dove si tiene l’incontro di Casa Pound e del suo capo, Simone Di Stefano. Sotto una pioggia battente che a tratti si trasforma in grossi fiocchi di neve, circa mille manifestanti giungono dopo pochi minuti di cammino in corteo allo sbarramento in largo re Umberto, dove ad attenderli è schierato un ingente apparato di polizia e carabinieri in assetto anti sommossa. Sono presenti autonomi riconducibili al centro sociale Askatasuna, anarchici, alcuno Notav e alcuni candidati di Potere al Popolo.
Il corteo si apre con uno striscione recante la scritta «Torino antifascista, ora e sempre resistenza»: giunti allo sbarramento i manifestanti vengono respinti da alcune cariche e dall’apertura degli idranti.
«Da Torino a Palermo scateniamo l’inferno. Non è solo uno slogan ma una promessa. Quello che è stato fatto a Palermo all’esponente di Forza Nuova è una concreta azione di antifascismo ed è legittima perché attaccare i fascisti è una difesa popolare»: queste le parole scandite dai manifestanti mentre marciavano lungo corso Vittorio, accompagnati dalle strofe de «la Rage», la canzone nata nelle periferie parigine di Keny Arkana.
Dopo il contatto, breve, una ragazza si staccava dal corteo e affrontava da sola l’imponente schieramento di poliziotti e carabinieri. Dietro di lei i manifestanti assistevano alla sfuriata della giovane donna che accusava le forze dell’ordine di proteggere i fascisti di Casa Pound. I quali, poco distante, portavano avanti il loro incontro.
A sovraccaricare gli animi, nella notte precedente vi erano state alcune perquisizioni ai danni di una decina di militanti dei centro sociali torinesi, una della quali si concludeva con un arresto per detenzione di prodotti chimici aggressivi.
Caricati più volte, i manifestanti hanno abbandonato lo scontro frontale con le truppe, e hanno iniziato a girare per le vie del centro cittadino, seguiti – non senza difficoltà data l’ingombranza dei mezzi – dalle forze dell’ordine.
In questo modo giungevano a poca distanza dall’hotel, dove poi costruivano alcune barricate con i cassoni dell’immondizia: la polizia ha reagito con un fitto lancio di lacrimogeni che ha disperso momentaneamente la folla.
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