Visioni

A Tokyo per riscoprire la resistenza sullo schermo

Una scena da «A Grasscutter's Tale» (1985) di Katsuhiko FukudaUna scena da «A Grasscutter's Tale» (1985) di Katsuhiko Fukuda

Cinema Tre giorni di proiezioni con film che raccontano le lotte sociali in Sol levante, in occasione del nuovo documentario di Haruhiko Daishima

Pubblicato 5 mesi faEdizione del 11 maggio 2024

Per lanciare il nuovo documentario di Haruhiko Daishima, Gewalt no mori – He Died at Waseda, nelle scorse settimane è stata organizzata all’Istituto di cultura francese a Tokyo una tre giorni di proiezioni con film che documentano e mettono in discussione le pratiche di resistenza che hanno animato e che tutt’ora animano l’arcipelago giapponese, Taiwan e Hong Kong.

IL PRIMO BLOCCO è stato dedicato a quella che è considerata l’ultima grande rivolta contadina avvenuta nel Sol Levante, quella contro la costruzione dell’aeroporto di Narita che ha avuto la sua fase più calda dal 1966 fino alla fine degli anni ottanta, ma che non è del tutto terminata. Su questa tematica, oltre ai lavori del collettivo della Ogawa Production, di cui spesso abbiamo scritto, è stato interessante assistere alla proiezione di A Grasscutter’s Tale, diretto da Katsuhiko Fukuda nel 1985, film che segue le giornate dell’anziana contadina Katsu Someya. Esempio di resistenza estrema, l’anziana decise di rimanere sul suo terreno dove coltivava, nelle zone di Sanrizuka che dovevano diventare aeroporto, lasciare marito e figli e vivere da sola la sua vita nei campi. Il film ripercorre alcune fasi della sua vita, l’estrema povertà dell’infanzia, la guerra, il matrimonio, la morte del marito, i sogni e le proteste contro l’aeroporto, riflettendo allo stesso tempo sull’atto del raccontare e del filmare.

Il secondo blocco di lavori è stato dedicato al sogno della rivoluzione, importante e necessaria a questo proposito la rara proiezione di Mothers del 1987, lavoro concepito da Yoshimasa Kurokawa. Membro della cellula Sasori (Scorpione) del Fronte Armato Anti Giapponese dell’Asia Orientale, condannato all’ergastolo per il suo coinvolgimento nell’attacco terroristico alla sede della Mitsubishi Heavy Industries il 30 agosto 1974, Yoshimasa dal carcere, assieme all’aiuto di cameraman e produttore fuori, raccoglie immagini e voci delle madri degli attentatori e indaga il sentimento di odio verso l’imperatore e verso lo stato giapponese.

La serie di eventi si è conclusa con una sezione dedicata alle lotte del ventunesimo secolo e la presentazione di alcuni lavori prodotti negli ultimi anni a Taiwan e a Hong Kong. Our Youth in Taiwan del 2017 diretto da Fu Yu, esplora il processo di democratizzazione dell’isola dopo i cambiamenti avvenuti con il movimento studentesco dei girasoli nel 2014 e le difficoltà dovute ai rapporti sempre più tesi con la Cina. Mentre il più noto Inside the Brick Wall del 2020, vero e proprio capolavoro del genere, documenta i tredici giorni di lotte e battaglie urbane al Politecnico di Hong Kong nel 2019. Diretto da un gruppo di registi anonimi, ciò che risalta ancora oggi dopo più di cinque anni dai fatti è il senso di comunità, quasi di comunione, degli studenti che per un breve periodo brillò come una pura moltitudine.

QUESTA tre giorni dedicata a ripensare e, forse, riattivare il senso di resistenza e di lotta e la sua connessione con il mondo dell’arte, si inserisce in una più ampia serie di eventi che continuano ad essere organizzati nella capitale giapponese. Si ricordi qui almeno Gewalt: Devenir Des Résistances à la Violence Institutionnelle, una mostra, ancora una volta organizzata in un istituto francese, che dal 18 maggio presenta opere realizzate da artisti giapponesi ed internazionali sulla resistenza contro la violenza istituzionale.

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