A Tavecchio land il naufragio del football tricolore
Sport Al via la serie A ma il calcio è sempre più malato, avvolto come in una plumbea cappa di clientelismo, incapacità e trucidume gestionale
Sport Al via la serie A ma il calcio è sempre più malato, avvolto come in una plumbea cappa di clientelismo, incapacità e trucidume gestionale
Nemmeno l’arrivo del campionato di calcio – anticamente divertimento popolare, rinfrescante e gioiosa pausa dalle preoccupazioni quotidiane, rumorosa caciara collettiva – riesce a bucare la plumbea cappa di clientelismo, incapacità e trucidume che avvolge il calcio italiano di questi anni dieci .
Andato in vacanza a maggio con la dimostrazione d’impotenza delle forze dell’ordine nella finale di Coppa Italia (che ha provocato la morte del tifoso napoletano Ciro Esposito, in circostanze tuttora mai chiarite, come accaduto già sette anni fa all’ispettore di polizia Filippo Raciti, ucciso prima di un derby Catania-Palermo), poi la fallimentare spedizione della Nazionale al Mondiale brasiliano, debacle certamente per il risultato sportivo ma pure per il velenoso clima di conventicole e intrallazzi che ha fatto scappare, con la coda tra le gambe, prima l’ex ct Cesare Prandelli (dai tifosi gigliati ribattezzato Perdelli) in Turchia e poi l’ex Salvatore della Patria, Mario Balotelli (apertamente accusato dalla vecchia guardia azzurra di inutile nevrotismo e rompispogliatoio) in Uk quindi l’elezione a Presidente della Federcalcio di Carlo «Banana Boat» Tavecchio, 71 anni, una vita da politico navigato, democristiano gaffeur, da venti anni ai vertici Figc, alla faccia dello strombazzato rinnovamento.
E dulcis in fundo, l’eliminazione del Napoli dai preliminari della Champions League, segnale ulteriore di un arretramento totale (economico, culturale, sportivo) del nostro movimento calcistico. In mezzo, ciliegina sulla torta, il primo atto del proconsole Tavecchio, abolire l’odiosa norma sulla discriminazione territoriale, finalmente si potranno insultare in coro negri,froci, ebrei e …napoletani, senza timore di squalifiche o penalizzazioni. Niente refrain «ce lo chiede l’Europa» (anzi….) , semplicemente lo hanno fortemente voluto Lotito ( Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?, dicevano secoli addietro) e Galliani, pupari del giochetto, con fulgido accodamento degli altri presidenti di società. E se una normale coppia vuole andare allo stadio, si sorbisca le forche caudine di tessera del tifoso, documenti d’identità e file per i biglietti, visuale complicata, sediolini sporchi, bagni inagibili, una follia…
Per la quinta industria del nostro paese è un crollo ignominioso col solito problema dell’Italian way of life, il rapporto tra i vecchi e i giovani (il capolavoro di Pirandello è giusto di un secolo fa), da un lato i responsabili dei campionati truccati , delle false fideiussioni e degli scandali scommesse (tutti con un posto al caldo, da Carraro a Moggi), dall’altro le fulgide speranze dei calciatori italiani alle prime armi e degli ex-atleti , buoni conoscitori dell’universo calcistico come Vialli, Baggio e Maldini che si sono candidati a gestire un po’ meglio questa acuta fase di crisi del calcio italiano, povero e svilito, ricevendo sonore pernacchie dai padroni del calcio, i proprietari delle squadre, non più solo «ricchi scemi» quanto bravi evasori e astuti manovratori (per chi l’avesse dimenticato se la triade juventina dettava legge con gli arbitri, Della Valle, Lotito e il Milan sono usciti indenni da Calciopoli solo per la prescrizione dei reati) .
Questa consorteria massonica (di figli, parenti, amici degli amici e intrallazzatori assortiti) appesta l’aria e il territorio , allergica a regole valide per tutti, cianciando di riduzione del numero di squadre professionistiche, rilancio dei vivai e dei talenti italiani (e chi glielo dice ai procuratori e direttori sportivi?), costruzione e ammodernamento degli stadi (forse la Roma ce la farà a raggiungere la Juve, almeno in questo, con la telenovela infinita del Cagliari) ma spende e spande coi soldi dei diritti televisivi, unica vera fonte di grossi introiti perché gli incassi al botteghinio languono e il merchandising peggio. Da qualunque parti lo si guardi quello che si era autodefinito «il campionato più bello del mondo», oggi è – dati alla mano su scandali e processi, davanti alla giustizia ordinaria – il campionato più finto, sgangherato e malconcio d’Europa. Salvo poi ognuno di noi pronto a tifare comunque. Ma chi ha segnato? Goool.
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