Lavoro

A Taranto sale la rabbia: «Mittal non ci rispetta»

A Taranto sale la rabbia: «Mittal non ci rispetta»Operai in presidio sotto la sede di Arcelor Mittal a Taranto

Ex Ilva Il Consiglio di fabbrica si chiude con l'indicazione a non trattare. L'azienda usa la scusa del Covid per aumentare gli esuberi

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 9 giugno 2020

Mentre i commissari straordinari di Ilva in AS, con al seguito un nutrito gruppo di esperti e legali, entrano in fabbrica per iniziare un’ispezione straordinaria sugli impianti del siderurgico di Taranto che durerà tre giorni, nel cuore dello stabilimento è in corso il consiglio di fabbrica convocato da Fim, Fiom e Uilm.
I sindacati hanno preparato una piattaforma di rivendicazione da sottoporre questa mattina al ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, che li ha convocati in call conference per discutere dell’ipotesi di nuovo piano industriale, spedito da ArcelorMittal al governo venerdì scorso.
La proposta di nuovo piano industriale di Am InvestCo Italy Spa, denominato «Post Covid Business Plan 2020-2025», contiene numeri e cifre che tutti si attendevano. Ma mentre il ministro Patuanelli sembra aver cambiato atteggiamento nei confronti della multinazionale, alla quale vuol chiedere se ancora ritiene fattibile un piano di riconversione produttiva del siderurgico, i sindacati metalmeccanici non hanno alcuna intenzione di accettare le intenzioni di ArcelorMittal.
Che prevede da qui al 2025 una produzione che dai 3,4 milioni di tonnellate prodotte quest’anno, giunga ai 6 milioni come tetto massimo. Un drastico calo produttivo, dovuto per l’azienda all’atavica crisi del mercato dell’acciaio ed alle drammatiche conseguenze imposte dalla pandemia Covid-19 all’intero panorama economico mondiale. Sul piano occupazionale questo comporterà esuberi solo per il momento transitori pari a 3.150 unità già entro il 2020 e sino almeno al 2025. Soltanto se il mercato darà nel corso degli anni segni di ripresa, si potrà tornare ad una produzione pari ad 8 milioni annui ed all’impiego dei 10.700 lavoratori diretti attuali. Ad essi si dovranno aggiungere i 1.800 lavoratori in cig e confinati nel perimetro di Ilva in amministrazione straordinaria, per i quali un rientro in fabbrica è al momento da ritenersi irrealizzabile.
A tutto ciò i sindacati rispondono con un secco no ai licenziamenti, chiedendo al governo di far rispettare l’accordo del settembre 2018 che prevedeva zero esuberi. Rivendicano inoltre l’integrazione salariale per le migliaia di lavoratori in cig ed una rotazione equa tra gli stessi, oltre alla ripartenza delle manutenzioni e degli impianti fermi, la ripresa delle attività dei cantieri per i lavori previsti dal piano ambientale per dare sostegno alle ditte dell’appalto. Nella piattaforma che presenteranno oggi a Patuanelli, i sindacati chiedono anche interventi di natura tecnologica, la Valutazione di Impatto Sanitario Preventivo e misure speciali per la città. «A Patuanelli ribadiremo la nostra contrarietà ad avviare una trattativa con un interlocutore che si è mostrato irrispettoso, oltre che inaffidabile, in spregio agli accordi sottoscritti».

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