Pubblicazioni scientifiche, traduzioni e parafrasi, articoli e libri di carattere divulgativo, documentari, podcast, programmi televisivi, riscritture, spettacoli teatrali, film e serie tv, persino pagine instagram: sono innumerevoli oggi le possibilità offerte a chi desideri accostarsi ai classici latini. Appare difficile orientarsi di fronte a una così ampia varietà di strumenti e opzioni, non tutti della stessa qualità.

Questo vale per i lettori non specialisti, ma sempre più anche per gli studenti universitari. La lingua e la letteratura latine vengono insegnate in diversi corsi di laurea: oltre al tradizionale corso di Lettere classiche, a cui accedono per lo più (ma non esclusivamente) studenti che hanno frequentato un liceo e che quindi iniziano il percorso accademico già provvisti di competenze linguistiche e con un bagaglio di letture abbastanza consolidato, insegnamenti di latino si trovano – obbligatori oppure a scelta – nei corsi di Beni culturali, Lettere moderne, Musicologia, DAMS (Discipline Arti Musiche e Spettacolo), Filosofia, Storia (per citare i più importanti).

Chi si iscrive a questi corsi di laurea ha sempre più spesso frequentato scuole secondarie (come il Liceo musicale, il Linguistico, lo Scientifico ‘Scienze applicate’, le varie tipologie di Istituti tecnici) nei cui piani di studio il latino o manca del tutto oppure è insegnato per poche ore durante il biennio. Inoltre, buone competenze di latino – certificate attraverso il conseguimento di almeno 12 crediti formativi universitari – sono opportunamente richieste a chiunque voglia accedere all’insegnamento delle materie letterarie nella scuola secondaria di primo e secondo grado.

È importante che i professionisti che si formano in questi ambiti conoscano bene le cose: se un insegnante di italiano di scuola media inferiore guida bene i suoi studenti nella lettura in traduzione di un passo significativo dell’Eneide, se una compagnia teatrale mette in scena una commedia di Plauto, un regista ne fa una riduzione cinematografica e un critico ne parla con competenza in un programma televisivo, la conoscenza di questi testi arriva a una fetta molto più ampia di persone, e lo studio specialistico si innesta meglio su una base culturale condivisa. È un circolo virtuoso che ha il suo fulcro nelle aule universitarie.
E dunque, come insegnare oggi il latino nell’università? Quali testi prediligere? A quali strumenti ricorrere? Sono domande cruciali che dobbiamo porci, leggendo i fatti con obiettività (non si possono dare più per scontate alcune competenze) e progettando con speranza il futuro (affidiamo le nostre discipline ai giovani).

Un punto di partenza indispensabile è la sinergia con la scuola secondaria. Primi a entrare in contatto con le nuove generazioni e a osservarne le reazioni rispetto alle sollecitazioni che ricevono dallo studio del latino (sempre più percepito come distante e complesso), sono molti gli insegnanti che lavorano con vivacità. Uno sguardo ampio, competente e concreto sulla didattica scolastica del latino è stato offerto da Andrea Balbo in Insegnare latino Sentieri di ricerca per una didattica ragionevole (Utet «Università», pp. XX-275, euro 23,00), un volume molto utile anche ai docenti universitari. In esso sono approfonditi i diversi metodi di insegnamento della lingua (naturali, induttivi, eclettici, brevi) e della letteratura (con numerose strategie aperte alla multimedialità) in uso nelle scuole.

Nell’ambito della fortuna moderna è suggerito un approccio intermediale che sfrutti anche le potenzialità del cinema per avvicinare i giovani all’antico: la visione di un film-musical come Dolci vizi al foro di Lester (1966), per esempio, che si basa su Miles gloriosus e Pseudolus, permette di lavorare su aspetti importanti della commedia di Plauto: contaminazione, musica e spettacolo antichi, nomi parlanti e loro traducibilità, effetti comici.

Sulla spinta di questo grande lavoro che si è svolto e si svolge nelle scuole, si rende ormai necessaria anche una riflessione profonda su finalità, metodi e strumenti della didattica universitaria del latino. Le motivazioni, i tempi e la preparazione pregressa dei giovani adulti iscritti all’università non sono comparabili con quelle degli adolescenti nelle scuole: servono nuove strade per insegnare o potenziare la lingua puntando al raggiungimento di quel livello necessario per leggere in piena autonomia Ovidio o Virgilio. Inoltre, è evidente che il ruolo del latino all’interno dei vari percorsi di studio, che formano diverse professionalità, non è e non può essere lo stesso: i testi che i futuri archeologi o musicologi dovranno leggere necessariamente non saranno uguali, anche se includeranno i grandi classici della tradizione letteraria latina.

Accostarsi seriamente ai testi, per alcuni per la prima volta nella vita, per di più nei tempi sempre più contingentati dello studio universitario, è stimolante, ma non facile: è urgente poter disporre di strumenti agili e affidabili. Due pubblicazioni recenti hanno intercettato bene questo bisogno. Si tratta di Virgilio: guida all’Eneide (pp. 143, euro 13,00) e Ovidio: guida alle Metamorfosi (pp. 127, euro 13,00), curati rispettivamente da Sergio Casali e Luigi Galasso per la collana «Bussole» di Carocci editore.

Proprio come bussole, questi volumi riescono a fornire le coordinate critiche per accostarsi ai due grandi classici della poesia latina. Centralità assoluta è data al testo: passata di moda per lungo tempo, un’asciutta sintesi dei contenuti occupa qui il suo spazio doveroso. Prima di iniziare a commentare, bisogna conoscere la sostanza: numero di libri e di versi, contenuti, episodi. Preliminare o parallela alla lettura diretta dei testi (integrale in traduzione e necessariamente parziale in lingua), questa sezione è uno strumento importante per chi studia.

La complessità letteraria delle opere è messa in luce soprattutto grazie alla scelta oculata dei passi da commentare più da vicino. Le pagine sul proemio dell’Eneide, per esempio, sono condotte con chiarezza e profondità crescente: all’esplicazione piana del contenuto seguono considerazioni sull’intertestualità e sull’importante ruolo che il poeta attribuisce a sé stesso, limitando in qualche misura il tradizionale ricorso alle Muse. Nel caso delle Metamorfosi, alla lettura ravvicinata del proemio è opportunamente accostata quella del finale in «crescendo» (un testo su cui Galasso torna a più riprese nel libro), in cui le tessere intertestuali rafforzano l’espressione del concetto di fondo, quello del potere eternatore della poesia.

I due volumetti procedono in forma di saggio e vi sono approfonditi temi rilevanti per comprendere la cultura letteraria latina e le sue stratificazioni proprio a partire dalle due opere prese in esame, sempre con l’analisi concreta di passi specifici (tutti riportati per esteso): i temi del viaggio e della guerra e i loro precedenti epici prima di Virgilio; l’«eziologia», i racconti mitici e le storie universali, ma anche il peso della parola retorica e delle immagini nelle Metamorfosi (i capitoli «Lo spettacolo delle parole» e «Lo spettacolo delle immagini» spiegano con chiarezza ed equilibrio le principali questioni critiche relative allo stile e alla poetica ovidiani).

E se non mancano osservazioni importanti sul contesto augusteo in cui furono composti i due poemi, che pur essendo molto diversi tra loro mostrano entrambi – non senza ambivalenze – le difficoltà del rapporto del poeta con il potere, particolarmente stimolanti anche per i lettori più maturi sono le pagine dedicate alla «polifonia dei generi» (felice espressione usata sia da Casali sia da Galasso). La rilevanza del genere letterario nella cultura antica è un fatto ben noto ma un’opera d’arte non è mai un monolite. Soprattutto, non lo sono né l’Eneide né le Metamorfosi, entrambe arricchite e rese complesse dalla presenza – a volte armonica a volte dissonante – di tessere intertestuali che rimandano a generi letterari anche inattesi. Si affacciano in queste pagine opere e poeti della tradizione letteraria greca e latina: epica e tragedia, elegia, Callimaco e gli Alessandrini, Catullo e Lucrezio.

Per la necessità di sintesi e le inclinazioni personali dei due studiosi, la scelta esemplificativa è caduta soprattutto su alcuni autori e in diverse occasioni viene voglia di trovarne e indagarne altri.

Ma in fondo a cosa servono le bussole se non a questo? Indicano la direzione invitando a percorrere un cammino. Gli appassionati potranno godersi una passeggiata non competitiva e raggiungere la meta anche senza cogliere appieno tutte le indicazioni fornite sul quadrante. Chi vorrà completare il percorso da atleta professionista dovrà invece integrare l’equipaggiamento con una serie di competenze che si acquisiscono nelle aule universitarie lavorando insieme e con il docente. In ogni caso c’è una certezza: una volta giunti in cima, il paesaggio è mozzafiato.