«A Salvini non dico di no». Il Cav si sente già federato
Légami Berlusconi apre alla proposta della Lega e riunisce i suoi su Zoom. Forza Italia si spacca
Légami Berlusconi apre alla proposta della Lega e riunisce i suoi su Zoom. Forza Italia si spacca
L’operazione, con regia di Licia Ronzulli, è coordinata, segno quasi certo che l’accordo tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi è già stato siglato. In mattinata sul Giornale di famiglia campeggia un’intervista formato lenzuolo nella quale il leader leghista accelera. propone la Federazione Lega-Forza Italia subito, entro la fine di giugno.
A strettissimo giro Berlusconi convoca via zoom il vertice azzurro e di fronte a ministri, capigruppo, presidenti di Regione e dirigenti vari non si limita ad aprire un pertugio. Spalanca i cancelli: «Consideriamo con grande attenzione la proposta di Matteo Salvini: non diciamo di no. Una maggiore unità con le forze del centrodestra consentirà di dare maggior forza alle nostre battaglie storiche». Para in anticipo le prevedibili critiche: «Nessun appiattimento sulla Lega. Siamo il partito guida del centrodestra e ho sempre trovato in Salvini un ascoltatore attento». Si spinge sino a un eloquente «Magari potessimo fare un partito unico». Poi, dopo aver fatto il punto sulla situazione con Salvini al telefono, commenta con i mortaretti su Facebook: «Mi sono sentito di nuovo in famiglia».
FAMIGLIA RISSOSA, fratelli coltelli. La prima raffica di interventi è tutta favorevole anche se il primo a parlare, il portavoce Antonio Tajani, è oscillante e non del tutto convinto. Più sicuri la capogruppo Bernini, Mulè, Cattaneo. Poi parte la raffica ostile: Giacomoni, il leader dei giovani Bestetti, Gasparri, soprattutto le ministre Carfagna e Gelmini che sparano a palle incatenate. Temono che si tratti di un’annessione leghista.
Insistono perché non vengano prese decisioni senza consultare i dirigenti anche sui territori. Mara Carfagna è durissima: «Sembra una decisione già presa e allora non lamentiamoci se rischiamo di ritrovarci con altri cinquanta parlamentari in meno». Anna Maria Bernini la rimbecca: «Messa così sembra un avvertimento mafioso». Carfagna si adombra. Il clima in famiglia è questo.
Dall’esterno Giorgia l’alleata la prende altrettanto male e commenta gelida: «La cosa non riguarda noi che stiamo all’opposizione. Alle fusioni a freddo ci credo poco ma se faranno la federazione la guarderò con rispetto». Però, non senza malizia, Meloni trova anche modo di ricordare il precedente ben poco felice del Popolo delle Libertà, finito come tutti sanno.
LA LACERAZIONE DI FI è reale e profonda ma se Berlusconi si è deciso a esporsi così apertamente significa che ha già deciso. Fargli cambiare idea non sarà facile. Di partito unico non si parlerà. Sarebbe operazione troppo complessa, richiederebbe un congresso che, con l’aria che tira nel partito d’Arcore, finirebbe in guerra aperta per non dire a sediate.
La federazione è più semplice, la si può decidere a livello di gruppi dirigenti. Berlusconi ne sarà presidente. L’opportunità innegabile di presentarsi uniti invece che in ordine sparso ai vertici di maggioranza, come già fa la controparte, Pd e 5S, agevolerà l’operazione.
È PROBABILE CHE Cavaliere e Capitano abbiano già parlato persino di elezioni politiche iniziando ad addentrarsi nel numero di seggi da garantire a Fi nella quota maggioritaria se, come è probabile, la legge elettorale non sarà cambiata. Ancor più probabile è un’intesa sui candidati da sostenere per le comunali. In ballo ci sono Gasparri a Roma e Lupi a Milano, anche se le chances sono a favore di questa seconda ipotesi, essendo il peso di FdI decisamente meno proibitivo a Milano che non nella capitale.
LA FEDERAZIONE, del resto, risponde agli interessi di entrambi i leader. Per Berlusconi si tratta di fronteggiare l’operazione di Toti e Brugnaro, che si configura come una «scalata ostile» al partito azzurro. La federazione renderà la manovra più difficile anche se il presidente ligure e il sindaco veneto ci troveranno a propria volta un tornaconto, perché potrebbe schiudersi la possibilità di aumentare i consensi sventolando la bandiera centrista. Per Salvini si tratta invece di fermare la corsa di Giorgia Meloni, impedendo che la guida della destra finisca nelle sue mani.
Ma nell’accordo tra i due leader pesa forse anche un ulteriore elemento, quello a cui accenna Berlusconi nel passaggio sulle «battaglie storiche» di Forza Italia: riunire le forze per il vero scontro decisivo che si sta preparando. Quello sulla giustizia.
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