A Roma per la pace: pioggia di adesioni. Ma la Cisl si sfila
No War Dall’appello spariscono le critiche alla Nato e all’invio di armi. Non basta a Sbarra, che accusa i promotori di «equidistanza»
No War Dall’appello spariscono le critiche alla Nato e all’invio di armi. Non basta a Sbarra, che accusa i promotori di «equidistanza»
Continuano ad arrivare adesioni alla manifestazione nazionale contro la guerra in Ucraina di domani a Roma. E però man mano che ci si avvicina all’evento si entra nel vivo dei nodi politici. Nessuno ha usato giri di parole per condannare l’invasione russa dell’Ucraina, ma sono sorte controversie. In primis in relazione alle decisioni del governo, sopratutto quella di inviare armi letali sul campo di battaglia.
LA GIORNATA di ieri ha fatto registrare un’ingombrante defezione. Si è sfilata la Cisl. Nel pomeriggio ha diffuso un comunicato, a firma del segretario generale Luigi Sbarra, che parla di «pesanti pregiudizi e derive ideologiche che sottintendono una sostanziale equidistanza tra le parti in guerra». Il concetto che, a detta di Sbarra, rende la piattaforma del corteo «irricevibile» è quello di «neutralità attiva». Pratica che tuttavia viene sostenuta e invocata anche da diverse organizzazioni cattoliche che alla manifestazione, al contrario dei vertici della Cisl, ci saranno.
NON SI PUÒ DIRE che gli organizzatori non le abbiano tentate tutte per tenere dentro Sbarra e la Cisl. Fin dalla serata di mercoledì, infatti, sul sito della Rete italiana per la pace e disarmo che ha convocato la manifestazione nei giorni precedenti l’appello a manifestare è stato sbianchettato, pare proprio nel tentativo di trovare una mediazione coi sindacati confederali (e con settori del Partito democratico). Spariti i riferimenti critici all’«allargamento della Nato» e rimosse le parole a favore della «sicurezza condivisa». Cancellata la critica all’invio di armi all’Ucraina decisa dal governo che era contenuta in questo passaggio: «Dall’Italia e dall’Europa devono arrivare soluzioni politiche, non aiuti militari». In compenso, molti dei soggetti principali promotori hanno deciso di diffondere le motivazioni della loro adesione. Ragioni che collimano con lo spirito originario dell’iniziativa.
MOLTO NETTA la posizione di Emergency: «L’invio di armi a sostegno dell’Ucraina è presentato come un’azione di responsabilità verso un popolo che resiste a un invasore – dice l’organizzazione fondata da Gino Strada – Rifiutiamo questa scelta che è di fatto la decisione di prendere parte al conflitto, fornendo i mezzi della guerra, anche se non ancora i soldati: pensare di fermare la guerra inviando armi è come voler spegnere il fuoco buttandoci sopra altra benzina. L’abbiamo visto in tutti i conflitti in cui abbiamo lavorato: le armi cancellano ogni possibilità di pace, non possono favorirla». Anche l’Arci nazionale sente il bisogno di toccare questo tema: «Dall’Italia, dall’Europa, dalla comunità internazionale devono arrivare soluzioni politiche, non aiuti militari», si legge nel documento di adesione. Così l’Associazione per il rinnovamento della sinistra: «Non condividiamo le azioni, ivi compresa quella decisa dal governo italiano, di inviare armi e strumenti bellici al paese aggredito, che va aiutato al contrario attraverso concreti sostegni alle persone e l’apertura di corridoi umanitari. Guai a incrementare una spirale dai certi esiti drammatici».
LA STESSA RETE per la pace e il disarmo ha sentito il bisogno di ribadire le sue posizioni: «Dobbiamo prodigarci per una cessazione degli scontri con tutti i mezzi della diplomazia e della pressione internazionale – spiegano dalla Rete – Con principi di neutralità attiva ed evitando qualsiasi pensiero di avventure militari insensate e fermando le forniture di armamenti che non portano la pace ma acuiscono il conflitto».
INSOMMA, sarà un corteo aperto alle diverse espressioni del popolo della pace. I giornalisti della Rete No Bavaglio, annunciando la loro presenza invitano a scendere in piazza con una bandiera della pace, i colori dell’Ucraina e un libro di un autore russo contro ogni tentazione censoria. «Il tentativo di screditare la cultura russa, in toto, nella sua produzione artistica, letteraria, sportiva è solo utile a giustificare un conflitto insensato – affermano – Questa è la guerra di Putin e di chiunque abbia interessi meramente economici nel conflitto, non è la guerra della popolazione civile».
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