A Roma è tempo di esserci, tutti i giorni
Antifascismo a Centocelle La bella cosa nuova è stata la reazione agli attentati: per due settimane successive a Centocelle sono scese per le strade più di diecimila persone in cortei autorganizzati
Antifascismo a Centocelle La bella cosa nuova è stata la reazione agli attentati: per due settimane successive a Centocelle sono scese per le strade più di diecimila persone in cortei autorganizzati
A Roma in queste ultime settimane è successa una cosa nuova. Che non sono gli attentati incendiari alla Pecora elettrica e al pub Baraka; del resto, tristemente, la Pecora elettrica era stata già incendiata cinque mesi fa.
E qualche settimana fa era stato appiccato il fuoco al ristorante Cento55 sempre a via delle Palme. La bella cosa nuova è stata la reazione agli attentati: per due settimane successive a Centocelle sono scese per le strade più di diecimila persone in cortei autorganizzati di autodifesa convocati da una serie di piccole realtà politiche di quartiere.
STARE IN PIAZZA nell’inverno arrivato all’improvviso è stato emozionante, in una zona laterale della città c’è stata una risposta inaudita. Ogni volta che negli ultimi anni c’è stato un episodio drammatico a Roma – i presìdi fascisti a Torre Maura e Casal Bruciato, l’omicidio di Desirée Mariottini a San Lorenzo, lo sgombero di via Cardinal Capranica a Primavalle, i riot a Tor Sapienza – la risposta popolare è stata immediata, ma poi debole. Dopo pochi giorni la mobilitazione era scemata, e quei quartieri ritornavano a una normalità peggiorata, senza aver curato le ferite: più deserti, più infelici. Il caso di San Lorenzo è emblematico: storico quartiere popolare di Roma, dopo la morte di Mariottini, ha subito tre assalti. Quello dei fascisti che hanno provato a lucrare subito consenso è stato paradossalmente il meno pericoloso.
I MEDIA INVECE sono riusciti a riraccontare il quartiere come un centro di movida e spaccio, criminalità e degrado, e hanno aperto la strada agli speculatori. Oggi, a un anno di distanza, San Lorenzo è un quartiere più vuoto e insieme cantiere tutto aperto, dove chiudono locali storici e si immagina una gentrification a uso turistico e consumistico, come è avvenuto per esempio a Monti. Gli studenti – l’anima storica del quartiere – vengono espulsi progressivamente con un meccanismo di mera selezione naturale: una brutta stanza singola costa almeno 600 euro, per una semplice ragione: i piccoli appartamenti decenti sono tutti su airbnb, offerti a 80 euro al giorno come charming room, loft with garden, cozy quite place – tutto «a dieci minuti dal Colosseo». Il libro di Sarah Gainsforth appena uscito per Derive Approdi su airbnb dà di Roma un quadro che non fa solo indignare ma strazia.
Il rischio che lo stesso accada a Centocelle – dove parte di quella popolazione universitaria e postuniversitaria è dovuta emigrare a cercare affitti meno proibitivi – dopo i roghi alla Pecora elettrica e al Baraka, è molto consistente. I due cortei, senza simboli, senza bandiere, hanno urlato per fortuna una cosa esplicita: abbiamo un’altra idea di città. Non vogliamo solo le hamburgerie e le crostacerie, i locali fané dove un bicchiere di vino costa 15 euro; non vogliamo la militarizzazione che è un feticcio della sicurezza.
PURTROPPO però c’è la possibilità che questa doppia istanza sacrosanta non venga né compresa né raccolta. Ieri la risposta ufficiale del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza coordinato dal ministro dell’interno Lamorgese, è stata un comunicato disgustoso: «Vengono individuate 20 piazze di spaccio e 8 aree in centro dove allo spaccio si associa la movida e il disturbo della quiete. In tutte queste zone ci sarà una task force con pattugliazione e cinturamenti. Il piano prenderà l’avvio proprio nella zona Est e vedrà all’opera 250 operatori al giorno dedicati al fenomeno dello spaccio». Movida, disturbo della quiete, spaccio: pattugliazione e cinturamenti. La mentalità securitaria si traduce direttamente nel gergo questurino. Ma l’altra piccola debolezza è quella dei bei cortei che erano nelle strade di Centocelle. Qual è l’agenda di queste due manifestazioni? Quali le battaglie? Dall’altra parte, quale è il racconto comune? Ci ritroviamo a cantare Bella ciao tutti insieme, e poi? A dichiararci antifascisti, e poi? Non abbiamo una canzone comune, un simbolo, cerchiamo affannosamente uno slogan, un riconoscimento, speriamo che qualcuno si prenda la briga di metterci il suo corpo, Mimmo Lucano, Liliana Segre, Carola Rackete, Simone di Torre Maura, il bambino di via Cardinal Capranica con il libro sotto braccio, i librai della Pecora Elettrica. Ma loro ci sono già, e noi? Tre giorni fa gli applausi scrosciavano quando qualcuno gridava: Questa è Centocelle! Guardavamo felici le strade piene. Ma anche le assemblee spontanee che sono nate in questi giorni sono sempre strapiene di gente, si sta generando un senso di comunità come non si vedeva da tempo a Roma, il Forte prenestino è centrale come riferimento non solo del quartiere ma di tutta la città. Questo è il tempo di esserci, tutti i giorni, a metterci non solo i nostri corpi ma le nostre idee.
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