A dieci anni dalla scoperta del saccheggio, la vicenda processuale della biblioteca dei Girolamini non è ancora conclusa ma almeno la procura di Napoli mercoledì ne ha disposto il dissequestro. Un passo importante per restituirla agli studiosi, che già da oltre un anno hanno cominciato a frequentarla seppure con ovvie limitazioni. La sua storia inizia nel 1586, quando i padri Filippini avviarono la formazione della «libreria comune e pubblica».

IL SUO STATUS fu quindi, fin da subito, quello di istituzione aperta alla consultazione, frequentata da Giambattista Vico che donò le prime edizioni di tutte le sue opere. Nelle sale erano custoditi circa 160mila titoli, tra cui 94 incunaboli, 5mila cinquecentine e la più cospicua raccolta di musica sacra napoletana del Seicento e Settecento.
Un luogo prezioso che ha cominciato ad andare in malora dal terremoto 1980, quando venne occupato dagli sfollati. Incuria e abbandono hanno aperto le porte alla razzia. Nel 2012 Tomaso Montanari, che all’epoca insegnava a Napoli, lanciò l’allarme, i carabinieri perquisirono la biblioteca e scoprirono una vera e propria banda che sottraeva i volumi come si svaligia un negozio: camion che arrivavano di notte e venivano caricati con l’aiuto di carrelli. A organizzare la ruberia il direttore della biblioteca, Marino Massimo De Caro (condannato in via definitiva a 7 anni), la cui nomina fu indicata dall’ordine religioso di concerto con l’allora ministro della Cultura, Giancarlo Galan, ma in molti sostengono che il nome di De Caro fosse stato fatto da Marcello Dell’Ultri che, seppure non condannato, sarà trovato in possesso di volumi dei Girolamini.

AD AIUTARE LE INDAGINI Mariarosaria e Piergianni Berardi e Bruno Caracciolo: tutti e tre bibliotecari precari. Secondo Antonella Cucciniello, attuale direttrice della biblioteca e del Complesso monumentale, sono circa 2mila i tomi su cui sono in corso accertamenti della procura.
Nel 2017, per riannodare i fili spezzati delle raccolte, ministero e Università Federico II hanno dato vita alla Scuola di alta formazione in Storia e filologia del manoscritto e del libro antico, racconta il direttore Andrea Mazzucchi: «Quanti volumi manchino non è mai stato definito con certezza, attendiamo i risultati delle indagini. Lo scempio avvenne in modo così sistematico e scientificamente curato che furono strappate e perdute le pagine degli archivi settecenteschi che identificavano i volumi.
Con la scuola di alta formazione abbiamo fatto un primo catalogo degli incunaboli superstiti e sta per uscire un catalogo dei manoscritti. Gli incunaboli censiti dopo il saccheggio sono 28, probabilmente ce n’è ancora qualcuno nel materiale che era sotto sequestro. Per quanto riguarda i manoscritti, 14 di sicuro sono stati sottratti ma non sappiamo se sono stati ritrovati. I vuoti negli scaffali della Sala Vico sono i libri a stampa rubati perché avevano illustrazioni e quindi più richiesti sul mercato antiquario. Sono state le vittime privilegiate».

PER RESTITUIRE AL LUOGO dignità e centralità la scuola forma 20 studiosi a biennio: «Lavoriamo ai cataloghi – prosegue Mazzucchi -, gli unici strumenti per garantire e preservare il patrimonio librario. Gli esemplari sono stati descritti in ogni aspetto, legatoria, illustrazioni, annotazioni, per conoscerli e identificarli rendendo più difficile nuovi furti. Tra i testi catalogati, ad esempio, c’è il manoscritto della Divina commedia di Dante degli anni ’50 del XIV secolo con 146 miniature, realizzato probabilmente a Napoli, su cui generazioni di lettori tra il Trecento e il Quattrocento hanno studiato lasciando le loro annotazioni in latino e anche in napoletano, glosse e postille che sembrano dialogare tra loro».