Internazionale

A Kiev tregua troppo fragile

A Kiev tregua troppo fragileYanukovich e Klitschko dopo l'accordo – Reuters

Ucraina I gruppi neonazisti in piazza non accettano mediazioni : «Via il Presidente o proseguiamo la rivoluzione nazionale»

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 22 febbraio 2014

Alla fine è arrivato l’accordo, ma la soluzione della crisi ucraina appare distante, ricca di incognite e di scontri ancora da consumarsi. Lo hanno testimoniato alcuni elementi: intanto la Russia non ha firmato il trattato, lasciando molti dubbi sul futuro dei rapporti con l’Ucraina (ha anche annunciato il blocco della tranche di 2 miliardi di dollari del prestito di 15 previsto), in secondo luogo gli elementi più duri dei manifestanti in piazza: non tutti hanno accettato l’accordo mediato dall’Unione europea, perché ormai è chiaro che la richiesta di chi gestisce le piazze, gruppi minoritari politicamente, ma in grado di determinare gli equilibri nelle strade, chiede come unica condizione le dimissioni di Yanukovich.

Così, mentre la Ue celebrava il proprio successo diplomatico, benché con molte riserve, da Kiev arrivano le notizie dell’inzio di nuovi scontri. Inaspettati, proprio perché tutti attendevano una giornata di tregua. Yanukovich, dunque non ha mollato la presa, ma ha finito per accettare condizioni piuttosto negative per quanto riguarda la sua gestione del potere. Il Parlamento ucraino a maggioranza, ha infatti deciso alcuni provvedimenti, che sono dirette, conseguenze degli accordi presi tra leadership ucraina e Unione europea. Se non costituiscono una sconfitta politica per il Presidente, poco ci manca. Intanto sono state indette elezioni presidenziali anticipate, anche se ancora non è stata specificata una data, ma dovranno in ogni caso svolgersi prima di dicembre.

Ancora più importante la votazione che ha riportato il paese alla costituzione del 2004, facendo fuori quei provvedimenti del 2010 che avevano finito per elargire eccessivi poteri a Yanukovich e che costituiscono la base di molte delle proteste anti governative. A questo riguardo lo smacco per Yanukovich è stato doppio: la sua sconfitta parlamentare, infatti, è stata decisa proprio dai voti dei suoi. E ancora più rilevanti sono stati i 54 voti del proprio Partito che hanno permesso al Parlamento ucraino di approvare delle modifiche al codice penale, tra cui la depenalizzazione del’abuso di ufficio. Significa che Julija Timoshenko, simbolo dell’opposizione a Yanukovich, potrà essere liberata, con tutto quanto ne consegue da un punto di vista politico.

Infine, nella giornata del compromesso al ribasso per Yanukovich, anche l’esautoramento del ministro dell’interno, Vitali Zakharcenko, uno dei principali nemici dell’opposizione, accusato di essere il mandante della violenza della polizia in piazza.

L’accordo raggiunto ieri a Kiev prevede – oltre alle elezioni presidenziali – alcuni passaggi: entro 10 giorni deve formarsi un governo di unità nazionale, deve essere avviata una riforma costituzionale, è stata sottolineata la necessità di avviare indagini sulle violenze, il ritiro dell’ordine circa lo stato di emergenza. «Ambedue le parti – è scritto nel documento – avvieranno seri sforzi per la normalizzazione della vita nelle città e nei villaggi ritirandosi dai palazzi amministrativi e pubblici, sbloccando le strade, i parchi cittadini e le piazze. Le armi illegali dovranno essere consegnate alle forze controllate dal ministero dell’interno. L’accordo ha in calce le firme del presidente ucraino Yanukovich, dei leader dell’opposizione Vitaly Klitschko, Oleh Tiahnybok e Arseniy Yatsenyuk, in quanto firmatari, dei ministri degli esteri polacco, tedesco e francese.

La realtà delle cose però racconta un’altra storia. La mancata firma russa, la liberazione di Tymoshenko e le voci che danno l’ovest del paese completamente in mano alle forze di opposizione più violente e neo naziste, pongono l’attenzione sul lato opposto, quello orientale del paese, in particolare verso la Crimea, con ipotesi di secessione tutt’altro che campate in aria.

Infine perché i militanti di «Settore destro», fra i protagonisti più organizzati e aggressivi della protesta di Maidan, hanno respinto come «inaccettabile» l’accordo che, denunciano, «non include un impegno chiaro a dimissionare il pseudo presidente, a sciogliere il parlamento, a punire i vertici delle agenzie di sicurezza e coloro che hanno attuato gli ordini criminali che hanno causato centinaia di vittime in questi giorni di proteste a Kiev». In una dichiarazione, il gruppo anticipa «il proseguimento della rivoluzione nazionale».

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