«C’è una nuova nazione che si sta muovendo verso l’Europa. Una nazione fatta di profughi, di migranti, di rifugiati senza diritti né tutele. E’ nostro dovere soccorrerli». L’ammiraglio Felicio Angrisano, 65 anni, è il comandante generale delle Capitanerie di porto, l’uomo dal quale dipendono le operazioni di soccorso nel Mediterraneo.

Ammiraglio, si può ancora parlare di emergenza quando ci sono centinaia di migliaia di persone che si muovono dall’Africa verso l’Europa?

L’emergenza deriva dalla necessità di poter dare il meglio di noi stessi per poter salvare queste persone. Ci troviamo di fronte a episodi di soccorso che sono ormai continuati nel tempo a intervalli costanti. L’organizzazione che fa capo alle Capitanerie di porto offre il massimo sforzo per poter dare risposte a singoli eventi di soccorso. Proprio in questo momento, mentre sto parlando con lei, noi abbiamo in atto un operazione di soccorso con un gommone con 150 migranti a 35 miglia dalla Libia, altri 5 gommoni in avaria e non più di un quarto d’ora fa ci hanno segnalato un “bersaglio” non ancora individuato in acque greche che dirige verso acque nostre. Come vede questa situazione prosegue nel tempo in maniera ininterrotta e incessante. E’ diventata ormai una richiesta di aiuto costante, che certamente richiede un impegno che non è un impegno ordinario ma va oltre la straordinarietà degli eventi. Ormai sono anni che viviamo di queste situazioni. Pensi che le Capitanerie dal 1991 hanno soccorso più di mezzo milione di migranti, dall’emergenza in Albania in poi. Oggi c’è una nazione in movimento, una nazione fatta di profughi, che non ha patria, che non ha un governo, che non ha regole, ma è composta di persone che nella loro terra hanno perso la dignità. e però hanno bisogno di tutele, della restituzione della dignità, di una speranza. E’ questo che ha portato a essere la Guardia costiera d’Italia Giusto nel giardino dei Giusti. Di fronte a questa umanità, affidata alla violenza dei mercanti di morte, la situazione diventa molto più complessa, ma da affrontare con la stessa l’energia di sempre. Operiamo in una zona di mare ampia più di due chilometri quadrati e soccorriamo barche che sono nell’insicurezza totale: vecchie, sovraccariche, senza dotazioni, senza equipaggio. Parliamoci francamente: la destinazione di queste barche non è Lampedusa. A Lampedusa ci arrivano perché ci siamo noi che facciamo ogni giorno tanti piccoli miracoli. Questa gente fugge dalla morte con la speranza di riuscire ad attraversare il mare con un mezzo che diventa esso stesso un veicolo di morte, in mano a criminali che sono altri veicoli di morte. Mi creda, non è semplice.

In effetti il peso dei soccorsi oggi ricade soprattutto sulla Guardia costiera.

Diciamo che noi siamo il braccio operativo, ma affianco a noi ci sono la Marina Militare, la Guardia di finanza, Triton, Malta e poi la generosità delle unità mercantili, dei quali no possiamo fare a meno.

Triton però mostra tutti i suoi limiti.

Triton nasce con una finalità, che è quella del controllo delle frontiere esterne, con una possibilità di impiego nei casi di soccorso, e noi la impieghiamo. Certamente la consistenza dei mezzi e delle risorse può offrire o meno dei risultati.

Il premier Renzi ha parlato di un’opera di contrasto dei trafficanti di uomini. La ritiene fattibile?

Se l’ha detto il presidente del consiglio ritengo che sia una proposta che si possa cavalcare. Poi dopo bisogna studiarla.

E l’ipotesi di una blocco navale la convince?

Credo che non ci siano i presupposti.