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A colpi di tablet

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Saggi «Questa casa non è un hashtag! Genitori e figli su Internet senza rete» di Alessandro Curioni, per Mimesis

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 9 marzo 2018

Forse per la prima volta si assiste allo spettacolo di una generazione che sembra saperne più di quella che l’ha preceduta. La generazione per la quale lo smartphone e altri analoghi dispositivi hanno la stessa naturalità delle dita con le quali i ragazzi entrano in un mondo incantato. Il fatto è che questo mondo digitale è molto simile, per non dire identico, al mondo reale. Internet, infatti, ospita anche delinquenti e ladri di fronte ai quali si è sempre vulnerabili.

TELEFONI, TABLET, computer sono parenti stretti delle armi. Con gli uni e con le altre si può minacciare, colpire ed essere colpiti, fare molto male. Come nei suoi precedenti testi dedicati alla sicurezza informatica, anche in Questa casa non è un hashtag! Genitori e figli su Internet senza rete (Mimesis, pp. 152, euro 12) Alessandro Curioni ribadisce che per vivere e sopravvivere in questa giungla bella e rischiosa non è necessario possedere particolari competenze tecniche ma è indispensabile nutrire la consapevolezza che insieme a enormi possibilità di conoscenza e di divertimento, la Rete nasconde pericoli molto gravi: «Informatica e sicurezza sono due cose diverse. La prima dipende da quanto ne sai, la seconda da chi sei».
Si tratta quindi di un testo di pedagogia molto chiaro nel mettere sull’avviso i genitori che avranno la buona idea di leggerlo. Un suo limite consiste in una forma di determinismo tecnologico coniugato a una evidente nostalgia per la propria adolescenza. E questo fa sì che i parallelismi tra i pericoli analogici vissuti dalle precedenti generazioni e quelli digitali di fronte ai quali si trovano oggi i ragazzi (ma non soltanto loro) appaiano a volte forzati e un po’ troppo schematici.
Sembra quindi paradossale, ma non lo è, che la complessità emerga invece dal dialogo dell’autore con sua figlia Bianca, molto lucida nell’indicare la vera radice del fascino totalizzante che la comunicazione virtuale esercita sui suoi coetanei: «Siamo giovani, spericolati, incoscienti, bisognosi di essere amati e poco importa chi si nasconde dietro lo schermo. Alla fine, migliaia di insulti possono essere cancellati da una piccola gentilezza».

Anche da questo dialogo tra padre e figlia emerge la natura politica della Rete, che cerca di appropriarsi della risorsa fondamentale delle persone, il tempo, distogliendole dall’utilizzarlo per fini di emancipazione e cercando di trasformare una struttura nata con lo scopo di condividere informazioni in un sistema per fare affari.

DAL PUNTO DI VISTA delle relazioni genitori-figli il cellulare è diventato anche uno strumento di controllo che tende a prolungare indefinitamente l’infanzia. Curioni si chiede giustamente se «quando andavate alle elementari i genitori vi radiocomandavamo oppure dovevate un minimo arrangiarvi da soli? Non soltanto siete sopravvissuti, ma anche cresciuti». La diciassettenne Bianca ci dà anche delle buone notizie, come quella relativa al rifiuto di un eccessivo utilizzo di abbreviazioni e sigle nella scrittura digitale. Tra i suoi coetanei è infatti sempre più diffusa l’esigenza di rispettare «la forma, scrivere in italiano corretto, senza mangiarsi preposizioni e articoli, prestando attenzione alla punteggiatura ed evitando di abbreviare le parole».
Anche questo libro si conclude con un apologo zen, riferito al monaco Tze, al suo maldestro discepolo Fung e al loro imbattersi in un’acqua tanto trasparente quanto pericolosa. Esattamente come la Rete.

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