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A Bujumbura scene di guerra civile

A Bujumbura scene di guerra civileBurundi, terrore fra la popolazione – Reuters

Burundi Dopo la destituzione di Nkurunziza, lealisti e golpisti combattono intorno alla sede tv

Pubblicato più di 9 anni fa

Sono ore di paura e di incertezza per le popolazioni del Burundi, già stremate dalla tensione e dalla violenza di settimane di protesta. Chi controlla il Paese all’indomani dell’annuncio della destituzione del Presidente uscente Pierre Nkurunziza da parte del generale ed ex capo dei servizi segreti Godefroid Niyombare? Giovedì un altro generale, il Capo di Stato Maggiore delle forze del Burundi Prime Niyongabo – rimasto fedele al Presidente – ha annunciato «il fallimento del colpo di stato» sulle frequenze della radio nazionale. A Bujumbura, la capitale, pesanti combattimenti sono scoppiati tra lealisti e golpisti intorno alle sede della televisione e della radio nazionale (unico mezzo di comunicazione, e per questo di strategica importanza, per raggiungere la popolazione).

Da una località tenuta segreta in Dar es Salaam, Tanzania, (dove si era recato per partecipare ad un vertice della Communauté des États d’Afrique de l’Est (Eac) sulla crisi in Burundi) il presidente Nkurunziza ha condannato i golpisti e ringraziato «i soldati che stanno mettendo ordine», perdonando «ogni soldato che decide di arrendersi». Messaggio affidato alla radio poco prima che le trasmissioni venissero interrotte. Il suo tentativo di rientrare nel Paese durante la notte è fallito a causa della chiusura dell’aeroporto di Bujumbura ad opera degli uomini del generale Godefroid Niyombare.

Resta difficile in tale situazione determinare chi controlla il potere nella capitale, tra le dichiarazioni dei lealisti secondo cui i punti strategici come la radio, l’aeroporto e gli uffici presidenziali sarebbero nelle loro mani e quelle dei golpisti che affermano di controllare «quasi tutta la città» di Bujumbura. Nella notte tra mercoledì e giovedì due delle tre principali radio private del paese (Rpa e Radio Bonesha) e la principale televisione indipendente, Télé Renaissance, che avevano trasmesso le dichiarazioni dei golpisti, sono state saccheggiate e date alle fiamme dalla polizia e dall’Imbonerakure, l’ala giovanile del partito al governo. Nella mattinata è stata la radio pubblica a essere attaccata dai golpisti, nel tentativo di sottrarne il controllo alle truppe lealiste. Gli spari sono continuati per tutta la notte intensificandosi poco prima dell’alba, mentre colonne di fumo nero si alzavano sul porto della città.

Evidente nella capitale il contrasto con lo scenario del giorno prima. Ai canti e alle danze di giubilo di mercoledì, giovedì è subentrata la quiete agghiacciante: strade pattugliate da uomini armati in uniforme e bloccate da barricate di pneumatici dati alle fiamme; sporadici i veicoli in circolazione. Una notte insonne per la gente del Burundi, rimasta rintanata in casa tra l’angoscia per una situazione di caos e l’attesa di conoscere l’epilogo della lotta per il potere che si sta consumando tra le ali rivali delle alte sfere politiche e militari. I pochi che hanno tentato di affacciarsi fuori di casa sono stati fermati. Secondo la Reuters, in un sobborgo un gruppo di giovani che ha cercato di raggiungere a piedi il centro della città è stato bloccato dalla polizia, mentre altrove alcuni agenti sono stati visti picchiare un ragazzo.

A scatenare il golpe (o tentato tale) sarebbe stata la decisione di Nkurunziza di candidarsi per il terzo mandato quinquennale alle presidenziali del prossimo giugno. Candidatura del tutto contraria alle disposizioni della Costituzione che ne prevede solo due e respinta dalla popolazione, nonostante una sentenza della Corte Costituzionale l’abbia invece ritenuta ammissibile (avendo considerato il primo mandato del presidente affidato su nomina dal Parlamento invece che dal voto popolare).

C’è però da considerare che durante la guerra civile in Burundi che si è conclusa nel 2005, l’esercito era nelle mani della minoranza Tutsi in lotta contro i gruppi ribelli della maggioranza Hutu, tra cui quello guidato da Nkurunziza. L’esercito è stato poi riformato per includere le fazioni opposte, ma i timori di rivalità etniche persistenti al suo interno sono rimasti.

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