Ci sono talenti mercuriali, al mondo, che proprio come l’imprendibile «metallo di transizione» argenteo non possono essere mai afferrati del tutto. Chi crede di poterli circoscrivere in un campo d’azione definito finirà come quei bambini che tentavano di afferrare le palline di mercurio in terra, tra i fiocchi di polvere, quando si sbriciolava il vetro di un antico termometro. Sono o sono stati talenti mercuriali e multipli persone come Duke Ellington, Dylan, Louis Armstrong, Miles Davis. E Patti Smith. Che in un corpo tanto esile quanto resistente, ora che affronta il suo ottavo decennio, cripta una riserva strepitosa d’energie artistiche, di interessi, di passioni. Tutte ben coltivate. Patti Smith è una di quelle persone avvolte in una luce speciale, l’aura sciamanica. Viaggiano sul battito d’un tamburo o su una ripetizione di sillabe, si involano per territori sconosciuti, e ti fanno partecipe del viaggio.

LA ROCKER, poetessa, sciamana, scrittrice, pittrice ha un altro talento che ora sbalza fuori con una nuova delicata perentorietà, ancorata allo scorrere dei giorni che continuano a imbiancarle i lunghi capelli. ll talento di fotografa, prima appoggiato su una fida e ingombrante Polaroid spesso tra le mani, adesso sull’assai più diretta ma ben meno poetica fotocamera di un cellulare. È uscito in edizione italiana per Bompiani il prezioso A Book Of Days, dunque«un libro dei giorni», titolo con riferimenti incrociati: in musica, con Enya e Psychedelic Furs, ad esempio, ma verrebbe da scommettere che Patti aveva in mente il Book of Day edito da Chambers nel diciannovesimo secolo, una sorta di lunario – calendario stipato di aneddoti, fatti storici, curiosità, usanze dei popoli. La rocker poetessa aveva già pubblicato libri in cui le fotografie sconfinavano nei testi, e i testi innescavano il gioco di riferimento con l’immagine. Il Book of Days, però, è tutt’altro: nasce come raccolta delle immagini con didascalie che compaiono sul profilo Instagram di Patti Smith, un’avventura quotidiana iniziata su spunto della figlia e che oggi ha numeri grossi: un milione di persone che ogni giorno trovano una foto e una didascalia. Preziosi inneschi per capire meglio l’opera di Patti Smith e i riferimenti di un donna grata alla vita e alla quotidianità che ha provvista inesauribile di meraviglie, spunti, affioramento di ricordi.

In un pendolo di situazioni che oscillano tra imprevedibilità assoluta e l’ovvia ridondanza su oggetti e soggetti d’amore: un tributo a Joan Baez, la scrivania di Borges, Cairo, il suo mite gatto abissino, il cappello del poeta beat Lawrence Ferlinghetti, San Francesco, il biglietto da visita di Arthur Rimbaud, la chitarra Mosrite del marito, Jimi Hendrix, Emily Dickinson. La parola a lei: «I social media, nel modo distorto in cui praticano la democrazia, a volte incoraggiano la crudeltà, i commenti reazionari, la disinformazione e il nazionalismo, ma possono anche esserci utili. Sta a noi saper distinguere. Ecco le mie frecce che puntano al cuore comune delle cose. Ognuna accompagnata da poche parole, frammenti di oracoli».