A Beirut, per non dimenticare…
Sabra e Chatila Senza Stefano Chiarini che l’ha fondato e stavolta anche senza Maurizio Musolino che ha continuato fino all’ultimo il suo lavoro, dall’11 al 18 settembre anche quest’anno il Comitato sarà nella capitale libanese
Sabra e Chatila Senza Stefano Chiarini che l’ha fondato e stavolta anche senza Maurizio Musolino che ha continuato fino all’ultimo il suo lavoro, dall’11 al 18 settembre anche quest’anno il Comitato sarà nella capitale libanese
Forse chi s’innamora tanto della Palestina ne assume il destino tragico. Voglio pensare che sia così e che questo sia accaduto a Stefano Chiarini e Maurizio Musolino, scomparsi prematuramente, il primo nel febbraio del 2007, l’altro pochi giorni fa. Perché entrambi hanno amato e conosciuto a fondo la questione Mediorientale e le sofferenze di quei popoli.
Il primo, Stefano Chiarini, instancabile, direi indomito fondatore del Comitato Per non dimenticare Sabra e Shatila ha impedito che in Italia ci fosse una perdita di memoria di quel massacro del settembre del 1982. Allora 2000 persone, tra palestinesi e libanesi, furono trucidate nei due campi profughi, poverissimi, dalle mani dei militari falangisti – non gli bastò uccidere: torturano fino ad aprire le pance delle donne incinte – e per idea dell’’architetto’ israeliano Ariel Sharon. Grazie a Stefano e a il manifesto quella vicenda ancora oggi ha un potere ‘evocativo’ fortissimo che ricorda a tutti noi: attenzione, allora quella tragedia fu compiuta per dire al mondo che i palestinesi dovevano essere sterminati, cancellati, impediamo che questo accada. Non possono esistere popoli ‘di troppo’.
L’altro, Maurizio Musolino, prosecutore di quell’azione militante fino allo stremo: dall’11 al 18 settembre il Comitato Per non dimenticare Sabra e Shatila torna infatti a Beirut per ricordare il massacro del 1982 insieme alle associazioni palestinesi e libanesi, coordinate da Kassem Aina di Beit Aftal Assomud e Talal Salman del quotidiano indipendente As Safyr e insieme a tanti altri. Il viaggio di solidarietà e conoscenza porta anche quest’anno l’impronta organizzativa di Maurizio che teneva molto a ricordare non solo i profughi che vivono in Libano da 60 anni ma anche quelli più recenti in fuga dagli orrori siriani, profughi tra i profughi, e che trovano accoglienza – mentre l’Europa si lagna per ‘l’invasione’ dei propri confini – in un paese piccolo come il Libano, in grande difficoltà perché, da sempre, è teatro di pesanti ingerenze esterne che gli impediscono di trovare una sua sovranità.
Senza Stefano e senza Maurizio porteremo, addolorati e increduli per la sorte toccata a due giovani e lucidi intellettuali, la nostra denuncia. Che ruota soprattutto e prima di tutto intorno al diritto al ritorno per il popolo di Palestina: ancorché legittimo secondo il diritto internazionale, perché sancito dalle risoluzioni delle Nazioni Unite, è stato volutamente lasciato all’oblio delle agende politiche, dentro e fuori il mondo arabo-mediorientale.
Per questo sarà al centro delle nostre iniziative nelle quali i palestinesi che vivono nei campi profughi del Libano – oltre 400 mila persone – ricorderanno le vittime della strage e le cause della loro lunga diaspora, chiederanno al Libano e al mondo intero di non essere considerati uomini e donne da dimenticare e di non procedere, come sta avvenendo ormai da tempo, con i pesanti tagli ai finanziamenti dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu creata appositamente per l’assistenza dei palestinesi – nel ’48 c’era già l’Agenzia che si era presa cura dei profughi ebrei della Seconda guerra mondiale ma Israele temeva che si confondessero le vicende e impose di non considerare i profughi tutti con lo stesso metro, rientro nelle loro case per gli uni, lasciare nella diaspora gli altri.
Il diritto al ritorno viene colpito a morte, inoltre, dall’ebraicizzazione di Israele, dalla espansione delle colonie e dalle politiche di annessione del governo Netanyahu – la punta più alta del programma neocoloniale del sionismo: queste azioni escludono che i non ebrei, i palestinesi nati in quelle terre, possano rientravi. Si tratta di un intollerabile programma di razzismo del XXI secolo contro cui noi diciamo chiaro e netto: No, impediamo questo scempio.
Andiamo in Libano per rompere i silenzi attorno alla Palestina, portando in silenzio dentro di noi i ricordi dei nostri insostituibili compagni Stefano Chiarini e Maurizio Musolino.
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