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In fuga dall’isola in crisi nera

In fuga dall’isola in crisi neraUna protesta di cassaintegrati sardi a Roma – LaPresse

Sardo nel buio Le grandi industire hanno chiuso o delocalizzato, l’economia ristagna. Disoccupazione alle stelle. E i giovani emigrano in massa

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 24 febbraio 2019

Cronaca di un disastro. Mettere insieme i dati sulla situazione economica della Sardegna, che oggi va alle urne, significa esattamente questo: fare la cronaca di un disastro.

La grande industria è ormai al lumicino. Il polo minerario e metallurgico del Sulcis si è ridotto a un terzo delle imprese che in quel territorio erano attive sino a dieci anni fa, quando è iniziata la grande crisi. I due siti di produzione di derivati dal petrolio, Ottana nel Nuorese e Porto Torres nel Sassarese, o sono diventati un ammasso di impianti arrugginiti (Ottana) o si sono ridotti a un unico impianto che produce energia trasformando la fonte più inquinante di tutte, il carbone, in barba alle direttive internazionali che la disincentivano. Agricoltura e pastorizia, a parte qualche eccezione, faticano a stare sui mercati non solo internazionali ma anche solo nazionali, e il saldo della bilancia commerciale di prodotti agricoli è nettamente negativo.

Il turismo funziona soltanto nei mesi estivi, per il resto dell’anno il reddito prodotto da questo settore diventa praticamente irrilevante. In tutto questo, i sardi riprendono e emigrare per cercare un lavoro che l’isola non dà più.

Una situazione drammatica, rispetto alla quale da tutti i candidati alla guida della Regione sono venuti in queste settimane di campagna elettorale solo indicazioni generiche e di massima. Migranti extracomunitari, trasporti in dissesto, mancata continuità territoriale con la penisola e polemica sulla riforma sanitaria della giunta uscente sono stati i temi che hanno monopolizzato il dibattito. Economia e lavoro, spopolamento e ripresa dell’emigrazione, in secondo piano. Solo la rivolta dei pastori ha un po’ squarciato il velo di indifferenza.

Eppure il quadro è serissimo. Una fotografia ricca di dati del non esaltante quadro economico dell’isola l’ha fatta di recente l’ufficio studio della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (Cna). Sconfortante il dato sul pil regionale. L’ultima rilevazione ufficiale è quella del 2016, anno in cui il reddito complessivo prodotto da imprese e singoli è stato di 31,4 miliardi di euro (a valori 2010): il 90,6% del pil del 2008 (34,7 miliardi di euro).

«Un dato – si legge nello studio di Cna Sardegna – che colloca l’economia sarda ben al di sotto della media nazionale, arrivata nel 2016 al 94,2% del livello pre-crisi, ma comunque al di sopra di altre sei regioni: Umbria, fanalino di coda con appena l’85% del livello del 2008, Molise, Sicilia e Calabria, ma anche Liguria (87,9%) e Valle d’Aosta (89%)».

Calano anche le imprese attive. Il 2017 si è chiuso con un numero di aziende registrate nell’isola di 142.951 unità, ovvero il 94,7% dello stock censito nel 2008 (circa 8 mila imprese in meno). La Sardegna è al di sotto del dato nazionale: 96,8% di imprese attive rispetto al dato 2008). E va ancora peggio se si considerano i dati dell’occupazione. Nel 2017 i posti di lavoro registrati nell’isola sono stati circa 562 mila, contro i quasi 602 mila del 2008 (40 mila in meno): il 93,4% del livello pre-crisi, da confrontarsi con il dato nazionale del 98,6%. Se poi si guarda all’interscambio con l’estero, cioè alla somma di importazioni ed esportazioni, la situazione del 2017 si mostra ancora al di sotto dei livelli pre-crisi: 94,8%, un dato da inserire in un contesto nazionale che, da questo punto di vista, ha invece già ampiamente recuperato la situazione del 2008 (103,4%).

In una situazione così difficile non stupisce che ritorni un’antica piaga: l’emigrazione. Secondo un’altra ricerca Cna, condotta in base ai più recenti dati dell’Istat sui flussi della popolazione residente nell’isola, nel 2018 sono stati 3.288 sardi, soprattutto giovani, che hanno lasciato la regione in cerca di lavoro. «Il flusso migratorio più che raddoppiato rispetto ai livelli del 2017 – dicono alla Cna – rappresenta per la Sardegna il record storico dell’ultimo ventennio e contribuisce ad accelerare l’inesorabile declino demografico della regione».

Le ultime statistiche Istat confermano il trend negativo dell’ultimo quinquennio: alla fine del 2018 la popolazione residente registrata in Sardegna è di un milione e 639mila, quasi 9mila abitanti in meno rispetto all’anno precedente, Con un decremento netto del -5,4% l’isola si colloca ben al di sopra del calo medio nazionale (-1,5%) e supera anche la variazione media delle regioni del Mezzogiorno (-4,2%).

Vanno peggio della Sardegna soltanto Basilicata (-6,0%) e Molise (-7,8%). «All’origine del problema – evidenzia la ricerca di Cna Sardegna – c’è il rilevantissimo flusso di popolazione in uscita, stimato nel 2018 in quasi 3.300 individui, principalmente giovani, che dall’isola sono emigrati verso altre regioni italiane. Questo flusso risulta più che raddoppiato rispetto ai livelli dello scorso anno (1.251 residenti in meno) ma, osservato in un orizzonte temporale più ampio, rappresenta per la Sardegna il record storico dell’ultimo ventennio; anche se la ripresa dei flussi migratori (per lo più giovani) verso il centro-nord (e il corrispondente impoverimento demografico e sociale) è un fenomeno generalizzato.

Un fenomeno che coinvolge tutte le regioni del sud e con cui il paese sarà costretto a confrontarsi per tutto il prossimo ventennio». Al forte incremento dell’emigrazione dalla Sardegna verso le altre regioni si aggiunge poi una netta riduzione dei flussi di popolazione proveniente dall’estero, con un saldo tra iscrizioni e cancellazioni stimato nel 2018 in 2.466 unità: il 32% in meno rispetto ai valori dell’anno precedente. Il movimento con l’estero (in cui prevale la componente straniera) resta quindi nettamente inferiore al flusso in uscita verso l’Italia (in cui prevale la componente italiana) definendo un bilancio migratorio complessivo di 822 residenti in meno». «Se l’isola non riuscirà a invertire la rotta – concludono i dirigenti di Cna Sardegna Pierpaolo Piras e Francesco Porcu – le conseguenze saranno devastanti».

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