Lavoro

300 operai sotto al bus King Long teme il complotto

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Avellino Fiat e Finmeccanica si mettono di traverso?

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 3 agosto 2014

A fine maggio pareva una pratica risolta e invece venerdì gli operai della ex Irisbus di Flumeri, in provincia di Avellino, hanno evitato per un pelo e per la seconda volta di finire in mobilità, cioè a un passo dalla disoccupazione. La cassa integrazione in deroga è scaduta e il governo non ha ancora approvato il decreto con cui rifinanziarla fino al 31 dicembre. In serata sono arrivate le rassicurazioni dell’esecutivo e la Fiat (che ha chiuso lo stabilimento che produceva autobus nel 2011) è tornata su i suoi passi. La prossima settimana dovrebbe arrivare l’ennesima proroga della cig per i 300 lavoratori campani sopravvissuti, ma le loro sorti sono legate alla nascita del polo unico del trasporto su gomma.
La trattativa è in corso da mesi al ministero dello Sviluppo economico e coinvolge tre attori: la Cnh Industrial per lo stabilimento produttivo avellinese; Finmeccanica per i 200 dipendenti della Bredamenarini di Bologna, che da questo mese non ha più commesse da smaltire; la multinazionale cinese King Long, il cui ramo italiano è guidato dall’ad Stefano Del Rosso. Del Rosso vorrebbe rilevare i due impianti per avviare la produzione e riparazione di bus di linea e granturismo, Finmeccanica dovrebbe entrare nella newco Industria Italiana Autobus con il 20% e la benedizione del governo, che sbloccherebbe i finanziamenti per rinnovare il parco mezzi pubblici italiano, il più vetusto d’Europa. Sembrava cosa fatta e invece la convocazione per la firma continua a slittare.
La prima a creare problemi è Finmeccanica: la Bredamenarini è fondamentale perché ha i brevetti con cui inserirsi nel mercato europeo, che ha regole rigide in materia, ma è anche gravata da circa 150 milioni di debiti accumulati negli ultimi cinque anni, che hanno già fatto scappare acquirenti indiani, russi e turchi. Inoltre il colosso pubblico non è felice di rimanere in Iia: soprattutto se gli affari dovessero andare male non ha intensione di sobbarcarsi i costi dell’impresa. La Fiat, dal canto suo, nel 2011 quando chiuse i cancelli della Irisbus era disposta a cedere fabbrica e terreni gratis a Massimo Di Risio, patron della Dr motor, produttore di vetture realizzate assemblando componenti cinesi. Al Mise ha chiarito invece di voler vendere Flumeri: un milione150mila metri quadrati di terreno, di cui 115mila coperti da capannoni industriali, avuti a costo zero negli anni ’70 per portare la fabbrica al sud. Fu lo stato allora a espropriare i terreni ai contadini per 400 lire a metro quadro, alcuni non furono pagati in cambio di un posto di lavoro. Oggi potrebbe diventare un grande affare immobiliare.
Molto irritato Stefano Del Rosso, che nei continui ritardi nella convocazione del tavolo e nella firma dell’accordo inizia a vedere un complotto ai sui danni: a Bologna «non hanno più pullman da costruire, evidentemente se sono così decisi a mettermi da parte è perché hanno avuto garanzie che tra settembre e ottobre le commesse fioccheranno. Posso solo pensare che ci sia un nuovo piano prontoe. Sarei l’uomo più felice del mondo e non mi prenderei a schiaffi per il tempo che ho perso perché almeno avrò contribuito alla ripresa di due grandi aziende».
L’ad della King Long Italia ritiene che, sottobanco, Finmeccanica e Fiat stiano trattando un patto a due, che salvi il mercato protetto italiano dalle ingerenze di altri produttori. «Ci sembra un’ipotesi difficile da credere – ribatte Silvia Curcio, rsu della Irisbus – perché Finmeccanica sembra più interessata a vendere il ramo trasporto e la Fiat sembra sempre più lontana dall’Italia. Negli ultimi sei anni prima della chiusura, ha investito da noi 34 milioni in cambio di sgravi fiscali e finanziamenti. Quando non c’era più niente da spremere dal governo ha cessato le attività».
Se dal Mise non arriva una chiamata in extremis entro il 10 agosto, slitterà tutto alla seconda settimana di settembre. Senza un accordo, per Flumeri non ci sarebbero prove d’appello e salterebbe anche la cassa integrazione in deroga.

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