27 ottobre, una reazione forte al razzismo di governo
Il decreto legge Salvini su immigrazione e sicurezza, in discussione in queste ore al Senato, ha due obiettivi principali: mantenere la promessa elettorale di una guerra contro i migranti e […]
Il decreto legge Salvini su immigrazione e sicurezza, in discussione in queste ore al Senato, ha due obiettivi principali: mantenere la promessa elettorale di una guerra contro i migranti e […]
Il decreto legge Salvini su immigrazione e sicurezza, in discussione in queste ore al Senato, ha due obiettivi principali: mantenere la promessa elettorale di una guerra contro i migranti e contro quelle associazioni che si battono per i loro diritti, creare caos e incertezza nella pubblica amministrazione e conflitti nei territori.
Il primo obiettivo si pone in continuità con quello che, sia pure con presupposti diversi, ha fatto l’ex ministro Minniti nella passata legislatura. Minniti intendeva sottrarre spazio alla destra xenofoba con un “razzismo democratico” e, di fatto, ha contribuito a consegnare l’Italia alla destra populista.
La “Orlando-Minniti”, contro la quale ci siamo battuti e continueremo a batterci, ha rappresentato un passaggio decisivo del processo di conversione politico culturale (che è iniziato molto tempo fa) della principale forza dello schieramento democratico in Italia. Sempre meno interessati all’applicazione della Costituzione e al principio di uguaglianza e sempre più al traino della destra razzista.
Oltre alla drastica riduzione delle libertà e dei diritti dei rifugiati provocata dalla Orlando-Minniti, pesante è stato l’attacco al salvataggio in mare e al principio di solidarietà realizzato con il codice Ong, oltre che con gli accordi con le milizie libiche.
Salvini e il governo a trazione leghista non potevano essere da meno.
Così il Ddl S 840 (DL 113/2018), un vero e proprio manifesto della cultura razzista e xenofoba a cura del Ministro della Propaganda, si basa sulle retoriche pubbliche di cui si nutre il consenso della Lega.
La strategia è molto semplice: dare in pasto all’opinione pubblica un capro espiatorio, alimentando la campagna di diffamazione degli stranieri con provvedimenti che ne riducono i diritti e aumentando i controlli, confinando sempre più persone nell’area dell’irregolarità e del disagio sociale. L’art.1 del decreto Salvini, che cancella il titolo di soggiorno per motivi umanitari, ha proprio questo obiettivo: aumentare gli irregolari e rendere sempre più ricattabili i lavoratori stranieri.
Questo è il cuore dell’intervento legislativo del governo guidato: avvelenare il clima, alimentando cattiveria e rancore, scaricando sui territori le contraddizioni di politiche e così creare problemi alle amministrazioni e alle comunità locali.
L’obiettivo è sempre e solo quello di trarne un profitto ancora maggiore sul piano elettorale, nella convinzione che più persone irregolari possono produrre più conflitti, più disagio e più criminalità, e quindi alimentare razzismo e produrre maggiori consensi. Consensi facili e gratuiti, almeno per il governo centrale, non certo per la spesa pubblica, su un argomento che è oramai il principale, se non l’unico al quale ricorre il leader leghista per la sua perenne campagna elettorale.
Proprio per questo è necessario dare spinta a una riscossa dai territori, dal basso. Alle tante esperienze che, per esempio con la rete d’accoglienza Sprar, l’unica realmente pubblica, hanno sperimentato processi di emancipazione e di autonomia dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Un sistema che viene drasticamente ridimensionato e snaturato dal decreto del capo della Lega, a favore della rete “privata”, i Cas, dove le amministrazioni locali non svolgono alcun ruolo, si applica un modello assistenzialista, i servizi pubblici vengono trasferiti ai privati.
Sabato 27 ottobre è importante che dalle città – e molte stanno già mettendo in campo una reazione forte e convinta – emerga un’alternativa unitaria e concreta, una rete di protezione civica per quei migranti che il decreto Salvini spingerà nell’irregolarità e nel disagio sociale.
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