Politica

25 aprile senza comunità ebraica

25 aprile senza comunità ebraicaUn momento del corteo dell'anno scorso – Eidon

Roma Polemiche per la presenza al corteo di associazioni filo palestinesi: «Ci hanno insultato e minacciato»

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 5 aprile 2015

Rischia di essere ricordato come un giorno storico, ma non perché ricorrono i 70 anni della Liberazione dal nazifascismo, bensì perché potrebbe essere la prima volta che alle celebrazioni del 25 aprile non partecipano gli ex deportati e la comunità ebraica. Lo strappo – clamoroso – si sta consumando in questi giorni ed è dovuto alla possibilità che anche quest’anno al corteo partecipino militanti filo palestinesi con i quali nei giorni passati, nel corso di una riunione preparatoria della festa, sarebbero già volati i primi insulti. Insomma il rischio è di vedere anche quest’anno le stesse scene dell’anno scorso, quando tra manifestanti con la bandiera della Brigata ebraica (molto simile ma in realtà diversa da quella israeliana) e manifestanti con la bandiera palestinese si è quasi sfiorata la rissa, evitata solo dall’intervento delle forze dell’ordine.

Una situazione incredibile per l’Anpi di Roma, che in una comunicato si è detta «costernata» per la decisione dell’Aned, l’associazione degli ex deportati, e della comunità di non partecipare al corteo per la Liberazione. Scelta che però – nonostante la ricorrenza cada di sabato, giorno in cui per gli ebrei è Shabbat ed è vietata la partecipazione agli eventi – potrebbe forse rientrare nelle prossime ore. Ieri sera, infatti, un gesto di pacificazione è arrivato dalla Rete di solidarietà con il popolo palestinese: «Nulla è stato obiettato alla presenza dei rappresentanti della Brigata ebraica e della relativa bandiera, tenendo nettamente distinte la critica e l’opposizione alla politica dello Stato di Israele contro cui combatte il popolo palestinese», è scritto in una nota della Rete. Per smorzare ulteriormente gli animi è intervenuto anche il Comune proponendo per la sera del 25 aprile un evento in Campidoglio con tutte le realtà e le associazioni.

Che intorno alla festa per la Liberazione potessero nascere delle polemiche era quasi scontato. La tensione comincia a salire pochi giorni fa, quando alla casa della Memoria si tiene un’assemblea per discutere l’organizzazione del corteo. Intorno allo stesso tavolo si ritrovano così, oltre a Anpi e Aned, anche la Rete romana Palestina, Rappresentanza Palestina e Patria socialista, associazioni, spiegano gli ex deportati «che non dovrebbero essere presenti al corteo. La Palestina sotto la guerra era dalla parte di Hitler». Sempre secondo gli ex deportati, la riunione sarebbe ben presto degenerata con «insulti e minacce» nei loro confronti. Al punto da far maturare la decisione di non partecipare, per la prima volta, alle celebrazioni. «Noi che rappresentiamo gli ex deportati, sommersi e salvati, nei campi nazisti, sia politici che razziali – spiega l’Aned – non possiamo accettare che lo spirito e i significati del 25 aprile vengano così totalmente snaturati e addirittura fatti divenire atto di accusa contro le vittime stesse del nazifascismo». Scelta condivisa a ruota anche dalla comunità ebraica romana.

A questo punto quello che si prospetta è un 25 aprile a dir poco monco al punto che l’Anpi chiede agli ex deportati un ripensamento sottolineando come un’eventuale loro assenza «nuoce al valore della giornata». Un tentativo di rimediare alla situazione è ieri dalla Rete romana d solidarietà con i palestinesi che ha smentito di aver rivolto «insulti o minacce nei confronti di chicchessia». «Vi è stato un solo beve coro di proteste quando qualcuno ha affermato di aver sentito le stesse argomentazioni che adduce Casa Pound», specifica l’associazione. «I numerosi esponenti di associazioni solidali con la causa palestinese e gli stessi rappresentanti della comunità palestinese di Roma nel sostenere la legittimità della propria partecipazione al corteo e la presenza n esso della bandiera palestinese, come quella di tutti i popoli che sono in lotta per affermare il proprio diritto alla libertà, si sono espressi con toni pacati e in tanti hanno manifestato rispetto e considerazione per l’ebraismo e per i cittadini italiani di religione ebraica, di cui nessuno ha osato mettere in dubbio il buon diritto a celebrare il 25 aprile come tutti».

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