Cultura

2014, il Maxxi che vedremo

2014, il Maxxi che vedremoHuang Yong Ping, "Ceinture 2013", Notte bianca 2013, Parigi – Foto Martin Argyroglo

Musei La creatura di Zaha Hadid presenta i conti e punta sul suo direttore cinese. 40% in più di visitatori nel 2013, un identikit che lo vede rafforzarsi nei social network e nella didattica, 5 milioni di budget fissi dallo stato. Ma un gigante della cultura ha bisogno di molto più ossigeno e di investimenti massicci

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 22 gennaio 2014

Il Maxxi, dopo le vicende del commissariamento e l’apnea circa il suo destino futuro, prova a fare i conti e a tornare in sé. Così, un cda al completo (la triade costituita da Giovanni Melandri alla presidenza, Monica Veaute e Beatrice Trussardi), il curatore fresco di nomina Hou Hanru, insieme alle direttrici Mattirolo e Guccione, hanno presentato la nuova stagione e il tentativo di Renaissance del museo di Zaha Hadid. Qualche dato è confortante: 40% in più di visitatori rispetto a un 2012 di stallo, un ruolo nei Social Network (potenti calamite di attenzione) crescente, una vocazione di spazio pubblico testimoniato dalla sua piazza “vissuta” (250mila persone durante l’anno), le acquisizioni – 359 fra arte e architettura – su cui spiccano le sei stampe vintage di Luigi Ghirri; infine, un identikit come piattaforma culturale attiva, con lezioni a cadenza regolare (arti visive, danza, cinema) e incontri con personaggi come Wim Wenders. Luogo con una certa attrattiva didattica anche per le scuole, il Maxxi ha visto passare nei laboratori educativi circa settemila ragazzi. Il problema, però, per un gigante come il museo di via Guido Reni, è la possibilità di fare una degna programmazione (internazionale) a fronte dei magri finanziamenti e dell’investimento esiguo dell’amministrazione pubblica e della fiducia concessa dai privati. Il budget del 2013 ha toccato i dieci milioni di euro di cui il 60% di fondi statali e il 40% che proviene da forme di autofinanziamento (partnership e sponsorizzazioni, biglietteria, bookshop e caffetteria, royalties, vendita mostre, programma di membership, quote soci). E se le spese di gestione coprivano fino allo scorso anno il 75% delle risorse, ora una spending review oculata ha ridotto quell’uscita al 57%. Il 2014, poi, si presenta con una buona notizia: i cinque milioni di euro destinati al museo si stabilizzano.

Ma quali mostre si potranno visitare al Maxxi? Attualmente, sono otto le esposizioni in corso e il curatore Hanru ha pensato di fare una vetrina permanente con una rassegna che fino al 28 settembre, mostrerà il patrimonio di “casa”: settanta artisti e architetti e oltre duecento opere, a rotazione, accoglieranno il visitatore. Tirare fuori le proprie collezioni è una mossa tipica in tempi di crisi, a costo zero, ma al Maxxi può dare i suoi frutti. Storia, memoria e novità formano una bella miscela che si espande nelle sue diverse sale.

A marzo aprirà la personale di Ettore Spalletti, artista a torto poco considerato dalle grandi mostre (di cui possiamo vedere ricostruita, tutta intera, così com’era, una delle sue apparizioni negli anni Settanta presso il Palaexpo) . Poi sarà la volta del designer Gaetano Pesce, del focus sui giovani artisti italiani, dell’edizione 2014 di Yap Maxxi per gli emergenti dell’architettura mondiale (giugno, a cura di Margherita Guccione e Pippo Ciorra).

Ma i riflettori si accendono inevitabilmente su Hou Hanru: qual è il menù romano del curatore cinese? Ecco cosa proporrà per la degustazione nel suo piatto: Utopia for sale?, un omaggio a Allan Sekula, scomparso di recente con installazioni di cinque autori sui temi della globalizzazione (un cavallo di battaglia di Hanru, che lanciò al galoppo anche durante la Biennale di Venezia); Indipendent Space, dedicato alle piattaforme indipendenti (giugno); Open Museum, Open City. E la Cina? Farà il suo ingresso con Huang Yong Ping, che realizzerà per il Maxxi un’opera site specific. Infine, a dicembre, giungerà al museo la bellissima mostra di Parigi, United History. Sequences of the Modern in Iran from 1960 until now: un’abbuffata iraniana, che scandaglia la storia dal 1960 ad oggi. Per il settore Architettura, si segnala Architecture in Uniform, un’esplorazione a tutto campo dell’urbanistica post seconda guerra mondiale.

 

 

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