Cultura

2016, Odissea fra le comete

2016, Odissea fra le cometeUna scena dal film «Sopravvissuto - The Martian»

Festival delle scienze Da venerdì prossimo, si svolgerà presso l'Auditorium di Roma la kermesse dedicata quest'anno al tema della relatività. Un'intervista con Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia spaziale italiana, che parlerà del rapporto tra fantascienza e missioni spaziali vere

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 17 maggio 2016

Il festival delle scienze che si apre venerdì 20 maggio all’Auditorium Parco della Musica di Roma è dedicato al tema della relatività. Albert Einstein e le sue idee continuano dunque a generare fascino e interesse, nonostante le molte iniziative che nel 2015 hanno celebrato i cento anni della teoria della relatività generale.
L’attualità scientifica ha contribuito a prolungare il successo anche mediatico della relatività e del suo scopritore. Proprio quest’anno è giunta una decisiva conferma sperimentale della teoria, con la prima osservazione diretta delle onde gravitazionali realizzata in collaborazione da Stati Uniti ed Europa.
Le idee di Einstein hanno allargato le nostre conoscenze sull’universo. Ma hanno anche influenzato la cultura letteraria e cinematografica, dai viaggi nel tempo al teletrasporto. Al rapporto tra scienza e fantascienza cinematografica sarà dedicata la lezione al festival di Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia spaziale italiana, in programma per domenica 22 maggio (ore 17).

In molta fantascienza recente, la scienza gioca un ruolo da protagonista, spesso ancora più importante degli effetti speciali. È una nuova tendenza?
Film come Gravity, Sopravvissuto – The Martian o Interstellar sono una dimostrazione di questa vocazione. Chi scrive fantascienza oggi ha un vantaggio rispetto al passato. Un tempo – basti pensare a 2001 Odissea nello spazio – dominavano tematiche legate all’inconscio, alle paure e alle fantasie umane. Adesso non occorre più inventare nuove suggestioni: sono sufficienti quelle che fornisce la scienza stessa. Pensiamo alle immagini che provengono dalle missioni spaziali su Marte o sulle comete: sono scenografie perfette per un set cinematografico.

La scienza, inoltre, viene raccontata in modo molto attento e rigoroso…
Nei film che ho citato gli scienziati sono impegnati in modo diretto, e anche questa è una novità rispetto al passato. La Nasa ha collaborato alla realizzazione di Sopravvissuto – The Martian, fornendo informazioni dettagliate sulla reale esperienza di un astronauta e sui progetti in vista di un vero sbarco sul pianeta rosso. Nella produzione di Interstellar, il contributo scientifico è stato ancor più incisivo. Come consulente scientifico e direttore esecutivo della produzione figura il fisico Kip Thorne, oggi in pole position per il premio Nobel per la scoperta delle onde gravitazionali.

Perché enti di ricerca come la Nasa dedicano risorse ed energie alla realizzazione di un film?
Lo spazio esercita un fascino molto forte sia dal punto di vista scientifico che da quello artistico. Ed è un bene che la ricerca sia accompagnata da una doppia suggestione. Gli scienziati cercano dunque di alimentare questa passione. Il cinema rappresenta anche un’importante attività di comunicazione all’esterno per la Nasa. Perciò, essa ha tutto l’interesse che emerga un’immagine accurata e rigorosa dell’esplorazione scientifica. Non dimentichiamo, infine, che le missioni della Nasa, sia quelle reali che quelle di Hollywood, sono realizzate grazie ai soldi dei contribuenti, così come avviene per l’Agenzia spaziale europea o per quella italiana. Per questo motivo, con il cinema di fantascienza oggi la Nasa va alla ricerca anche di legittimazione sociale. Ma non c’è solo il grande schermo: la Nasa investe pure in programmi scolastici e in molte attività di comunicazione scientifica.

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Missione Rosetta

Sono attività che svolge esclusivamente la Nasa?
Ci stiamo adeguando anche noi. Attualmente, cerchiamo di combinare rigore scientifico e una comunicazione accattivante. Con qualche risultato, se è vero che le dirette con Samantha Cristoforetti dalla Stazione spaziale internazionale arrivavano anche due milioni di contatti via internet. La Nasa però investe ben il 2% del suo budget in attività di formazione e di comunicazione scientifica e queste rappresentano lo standard a livello internazionale.

Facendo appello all’emotività del pubblico si generano speranze e illusioni. Ma la scienza non risolve tutti i problemi con la bacchetta magica. Non c’è il rischio che questa suggestione si trasformi in delusione o, peggio, apra la strada alla paura?
La scienza è un linguaggio, non contiene in sé un messaggio di paura. Comunicare in maniera accattivante non significa di per sé alimentare illusioni, se viene fatto in maniera scientificamente accurata. Certo, per non sovraccaricare gli scienziati di un ruolo che non appartiene loro occorre anche che il pubblico sappia interpretare questo linguaggio senza distorcerlo. Perciò, la preparazione del pubblico è un fattore importante, a partire dalla scuola.

Lo spazio oggi rappresenta anche un ambito di primaria importanza economica e politica, non riguarda solo di ricerca di base…
Oggi l’Agenzia spaziale italiana è una grande realtà anche dal punto di vista produttivo. Parlano le cifre: abbiamo seimila dipendenti diretti e un fatturato di 1,7 miliardi di euro. Ciò significa che muove interessi economici reali. D’altronde, sono innumerevoli le applicazioni tecnologiche sviluppate in ambito spaziale e poi entrate nella nostra vita quotidiana. Parliamo di alta tecnologia, come quasi tutta quella che troviamo in uno smartphone attuale. Ma anche in prodotti apparentemente più banali, come i trapani a batteria o i pannoloni per adulti.
Gli studi degli economisti dimostrano che ogni euro investito in ricerca spaziale rende da due a sei volte di più. Persino la missione Rosetta o quelle dirette su Marte hanno una ricaduta economica positiva, in termini di commesse alle aziende. Siamo entrati nell’era della «space economy». Nuovi imprenditori, soprattutto negli Usa, stanno investendo in tecnologie spaziali, in razzi in grado di fare su e giù dai satelliti. E i governi lo hanno capito.

Persino il governo Renzi?
All’Agenzia spaziale non ci possiamo lamentare. Nel 2014, quando sono arrivato all’Asi, la situazione era critica: i fondi erano ridotti al minimo, e l’Agenzia aveva dovuto persino annullare due missioni. Il governo ha aiutato l’Agenzia con nuovi investimenti, che ci hanno rimesso in condizione di far fronte ai nostri impegni anche in ambito internazionale. Abbiamo una forte tradizione in questo campo. Siamo stati il terzo paese al mondo a lanciare un satellite in orbita, siamo la settima potenza spaziale al mondo e la terza in Europa. Nella diplomazia dello spazio, abbiamo un ruolo importante.

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