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12 dicembre di Pasolini

12 dicembre di Pasolini

Il film Per una visione antropologica e politica dell’Italia negli anni settanta

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 10 dicembre 2022

«È stato il momento in cui, più di tutti, siamo andati vicino alla perdita della democrazia formale, in Italia». Così Pasolini commenta la strage di Piazza Fontana avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969, quando l’esplosione di una bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura provoca 17 morti e 88 feriti. A ciò si aggiunge, dopo 3 giorni, la ‘morte accidentale’ e controversa del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, causata dalla «caduta» da una finestra di un ufficio al quarto piano della Questura, qui interrogato perché ingiustamente accusato di essere uno dei responsabili della strage.

Nello stesso pomeriggio altre 3 esplosioni si sarebbero verificate a Roma provocando feriti e danni. All’indomani della strage, Pasolini scrive di getto la poesia Patmos in memoria delle vittime innocenti. Sono attentati con cui si apre quella che verrà definita «la strategia della tensione» e che caratterizzerà politicamente, culturalmente e socialmente gli anni Settanta in Italia.

Alla luce di questi accadimenti, Lotta Continua decide di realizzare un film di denuncia, di controinformazione sulla morte di Pinelli e sull’arresto dell’anarchico Pietro Valpreda, accusato anche lui ingiustamente di essere l’esecutore materiale della strage di Piazza Fontana. Ci vorranno 18 anni e un iter giudiziario efferato affinché Valpreda venga dichiarato innocente e si faccia chiarezza sui soprusi di Stato verificatisi in quel periodo. Il film 12 dicembre – titolo che richiama il giorno della strage di piazza Fontana – nasce dalla collaborazione di Pasolini con alcuni esponenti di Lotta Continua, in primis con il leader Adriano Sofri e il militante Giovanni Bonfanti, che lo elabora con Goffredo Fofi. Il critico cinematografico Roberto Chiesi – responsabile del Centro Studi Pier Paolo Pasolini della Cineteca di Bologna – ricostruisce rigorosamente la genesi del film nell’articolo Pasolini e il viaggio nel presente di 12 dicembre (1972). Il progetto e il confronto con Lotta Continua, pubblicato in Studi pasoliniani. Nei crediti, Pasolini non appare come autore; ci si limita solo a dire che il film nasce da una sua idea. In realtà, la sua partecipazione è notevole, perché è lui a ottenere dal produttore Alberto Grimaldi il sostegno economico per realizzare il film (che si prorogherà dal dicembre 1970 all’estate 1971) e perché elabora il progetto.

Ciò si deduce da una registrazione audio, ritrovata anni fa, di un incontro con alcuni studenti universitari avvenuto il 23 giugno 1972 a casa del poeta corsaro, che afferma: «C’ho lavorato, l’ho montato io, ho scelto io le interviste ma non ho messo la regia, perché gli avvocati che l’hanno visto mi hanno detto che era pericolosissimo, che mi avrebbero messo in prigione. E allora abbiamo trovato una formula per cui il mio nome ci fosse, perché chi voleva capire capisse, ma formalmente non potessero procedere contro di me. Io ho girato circa un sessanta per cento, ma l’ho montato tutto io. Però – e questo è il punto – non ci ho messo la mia ideologia».

Serve ricordare il motivo di questa scelta: Pasolini, dal luglio 1970 al maggio 1971, è stato direttore responsabile di Lotta Continua e ha subìto una serie di processi. Il rapporto tra Pasolini e gli esponenti di Lotta Continua è sin dal principio travagliato e conflittuale, ma fattibile perché basato sull’onestà intellettuale.

La querelle è incentrata sulla struttura da conferire alla pellicola: il regista di Casarsa immagina il film come un viaggio politico e antropologico nell’Italia dei primi anni Settanta, imperniato su vicende emblematiche come le mutazioni culturali in atto; Lotta Continua, invece, propende per un film militante e di propaganda. Alla fine prevale la visione poetica di Pasolini, anche se con Bonfanti resta un po’ di propaganda di Lotta Continua.

Il film, con le musiche di Pino Masi, si apre con un piano sequenza che riprende il lungo corteo di studenti, operai e militanti che si snoda per Milano il 12 dicembre 1970 e che rievoca la strage dell’anno prima. Durante la manifestazione ci sono scontri con le forze dell’ordine, che con un lacrimogeno uccidono lo studente Saverio Saltarelli. Il 12 dicembre attraversa l’Italia tratteggiando i volti di militanti e lavoratori, le cave di marmo di Carrara, la mensa dei bambini proletari di Napoli, gli operai di Torino, la rivolta del 1970 a Reggio Calabria.

Si ritrovano, inoltre, le toccanti testimonianze della madre di Pinelli, Rosa Malacarne, della moglie Licia Rognini, dell’avvocato di Lotta Continua, Marcello Gentini, del deputato comunista Achille Stuani. «La ‘mano’ di Pasolini e la voce si mostrano soprattutto nel colloquio col disoccupato sordomuto a Bagnoli e nella scena del cimitero di Musocco, dov’era seppellito Pinelli (la tomba ora è a Carrara)» scrive Adriano Sofri.

12 dicembre, per intercessione di Pasolini, è presente in una sezione collaterale al Festival di Berlino del 1972, stesso anno in cui il regista è in concorso con I racconti di Canterbury e vince l’Orso d’oro. Dopo un’anteprima a Roma, testimoniata da una recensione di Alberto Moravia su L’Espresso del 30 aprile 1972, il film circola solo nei ‘Circoli Ottobre’ ovvero nel circuito culturale parallelo a Lotta Continua.
È strutturato come Comizi d’amore, sebbene se ne distacchi per le tematiche affrontate. A svigorire la memoria di 12 dicembre contribuisce senza alcun dubbio l’esigua distribuzione. Nel 2014 il film viene restaurato nell’edizione integrale dal laboratorio «L’Immagine Ritrovata» per conto della casa editrice tedesca Laika Verlag e della Fondazione Cineteca di Bologna, ma senza che sia possibile ritrovare i negativi originali.

Pertanto, a 100 anni dalla nascita di Pasolini e a 50 dall’uscita del film necessita riattraversarlo per comprenderne la forza poetica e politica pasoliniana che affascina e appassiona, e confrontarlo col momento storico che si sta vivendo. L’aspetto più terribile del film ovvero il sostanziale punto di forza affiora infatti congiuntamente alla sua estrema e drammatica attualità. È un’esperienza che Pasolini rammenta anche il 14 novembre 1974, quando redige Il romanzo delle stragi: «Io so…Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi». Scaglia il suo J’accuse contro i responsabili delle stragi e i poteri occulti, deviati, collusi e massonici dello Stato. La notte del 2 novembre 1975 riecheggia il Requiem per il Poeta e per la democrazia.

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