Cultura

«113», il decreto sicurezza sullo schermo

«113», il decreto sicurezza sullo schermo

DOCUMENTARIO A proposito di War Is a Subtle Thing

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 25 maggio 2019

Mentre Salvini prepara un nuovo decreto sicurezza, anche peggiore del primo, un neonato collettivo di controinformazione e approfondimento militante, Castelli narranti, fa il punto, in collaborazione con il già rodato gruppo di OfficinaMultimediale, sulla realtà del primo decreto, sul suo significato in una visione non solo contingente e sull’opposizione sociale che incontra e sempre più incontrerà.
113. War Is a Subtle Thing è un film di un’ora e mezzo, realizzato parte con mezzi professionali e parte con mezzi di fortuna, e vuole essere senza alcun infingimento uno strumento di lotta, attraverso gli strumenti dell’informazione e dell’approfondimento. Verrà presentato per la prima volta oggi a Velletri, alle 10.30, nelle sale del Dlf di piazza Martiri d’Ungheria, poi girerà l’intero paese. Chi vuol farsene un’idea può cliccare sul teaser, su Youtube.

L’OBIETTIVO INIZIALE degli organizzatori era essenzialmente didattico: spiegare nel dettaglio cosa significhi e cosa comporti il decreto varato con gran squillar di trombe securitarie da Salvini nell’ottobre scorso: 113, infatti, era il numero di protocollo del decreto, poi convertito in legge a dicembre. Poi, nel lavoro collettivo, nelle interviste ai diretti interessati, a giornalisti, avvocati e studiosi, e negli interventi realizzati da soli, col telefonino, da chi al muro di Salvini si oppone concretamente sulla mare Jonio, lo spettro si è allargato, la sonda è scesa più a fondo.
Per rintracciare la genealogia di una politica securitaria e di una guerra contro i poveri, oltre che contro gli immigrati, che non è cominciata con il dilagare della Lega ma ha origini molto più lontane, sin dal «decreto Microcriminalità» del governo D’Alema, nel 1999, passando per le ronde di Maroni e il «decoro» di Minniti. Mettere in prospettiva la xenofobia sempre più intrecciata con vere e proprie correnti razziste che il governo gialloverde veicola però non basta. Gli autori vanno alla ricerca delle spiegazioni materiali di un fenomeno che la stampa spaccia per quasi inspiegabile.

RICOSTRUISCONO le dimensioni reali del nuovo schiavismo, mettono a fuoco una dinamica che è essenzialmente colonialista, indicano chi dalla sedicente difesa del «Prima gli italiani» trae profitto. L’onda della nuova destra che squassa l’Europa è una cosa troppo seria per essere trattata con la superficialità, spesso per nulla disinteressata, che viene quotidianamente dispiegata da stampa e tv «d’opposizione». 113 prova ad andare ben oltre.

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