Elon Musk può ora vantare un nuovo primato: il suo X (ex Twitter) è la prima piattaforma online contro la quale la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione ai sensi del Digital Services Act. Una decisione che, scrive il commissario del mercato interno Thierry Breton, «chiarisce che, con il Dsa, i tempi in cui le grandi piattaforme online si comportavano come se fossero troppo grandi per preoccuparsi sono finiti».

L’INDAGINE riguarda quattro potenziali infrazioni, a partire dalla disseminazione di contenuti illegali quali discorsi d’odio, disinformazione ecc., e l’adeguatezza della moderazione dei contenuti. Strettamente connessa è quella che il comunicato diramato ieri dalla Commissione definisce «l’efficienza delle misure adottate per combattere la manipolazione dell’informazione sulla piattaforma», cioè il nuovo sistema “collettivo” che appalta il controllo dei contenuti alla comunità di X: Community Notes. Sotto inchiesta anche la mancanza di trasparenza della piattaforma – che per le norme sancite dal Dsa dovrebbe dare accesso ai propri dati a ricercatori indipendenti – e il possibile impiego di «design ingannevole». Per l’articolo 25(1) del Dsa le piattaforme online «non devono disegnare, organizzare o operare le loro interfacce in un modo che inganni o manipoli gli utenti»: sotto scrutinio in questo senso è la spunta blu, che Musk ha reso un’opzione a pagamento ma che in precedenza serviva a certificare l’autenticità di account di personaggi e istituzioni pubbliche. Con l’avvento del servizio a pagamento Twitter Blue invece sono state elargite a chiunque fosse disposto a pagare 8 euro al mese: tempo fa era emerso che a esibire la spunta erano anche esponenti del governo talebano, e più recentemente degli account che avevano disseminato contenuti di propaganda e disinformazione su X in seguito all’attacco di Hamas in Israele.

Proprio all’indomani di quegli attacchi la Commissione europea aveva mandato ai principali social network una lettera in cui li invitava a sorvegliare attentamente sui contenuti postati sulle proprie pagine. Lettera rimasta letteralmente morta per la compagnia di Musk, nonostante la Ceo Linda Yaccarino abbia sostenuto di aver rimosso centinaia di account e post incriminati: secondo la Anti Defamation League, dal 7 ottobre i contenuti antisemiti sul social sono cresciuti del 900%. «Prendiamo sul serio ogni infrazione delle nostre regole – ha scritto la Commissaria europea per la concorrenza Margrethe Vestager – E le prove di cui disponiamo al momento sono sufficienti ad aprire dei procedimenti formali contro X».

La risposta vagamente passivo aggressiva di X per una volta non è arrivata da Musk, che ieri è rimasto silenzioso, ma dal profilo di X Security, con un post che si augura che «il procedimento sia libero da influenze politiche e segua la legge», oltre a ribadire l’impegno di X a «garantire la libertà d’espressione».

NON C’È UN TERMINE stabilito per legge su quando l’inchiesta Ue debba giungere a un termine, ma in base al Dsa se la piattaforma verrà ritenuta in violazione del regolamento potrà essere sanzionata fino al 6% del proprio fatturato annuo. E se la Ue riterrà che ci sia un serio pericolo per gli utenti potrà inoltre applicare misure temporanee particolarmente pesanti, come il blocco dell’accesso ai servizi nei paesi dell’Unione – dove per ironia della sorte appena cinque giorni fa è stato consentito l’accesso al principale concorrente di X: Threads, il social di Meta (casa madre di Facebook) nato proprio per sottrarre utenti alla piattaforma di Musk.