La redazione consiglia:
David Cronenberg: «Il corpo è la realtà, c’è sempre chi vuole controllarlo»«Lo sa che i denti sono sensibili alle nostre emozioni?»chiede il dentista a Karsh – Vincent Cassel che somiglia incredibilmente a David Cronenberg quasi a dichiarare in modo esplicito un’autobiografia fra le tracce di sé, del suo immaginario, delle perdite e dei dolori vissuti. The Shrouds, il film con cui il regista canadese torna in concorso sulla Croisette a due anni di distanza da Crimini del futuro è stato ieri il primo titolo nella seconda parte del Festival dopo il week end – qualche colpo di fulmine dei primi giorni: Scenarios di Jean Luc Godard, C’est pas moi di Leos Carax, il tempo del cinema (e della vita) fra Schrader, Coppola,Jia Zhang-ke, il restauro di Law and Order presentato da Fred Wiseman. Primi bilanci mentre da oggi si inizierà a pensare alla Palma. Megalopolis alla critica francese non è piaciuto – con la magnifica eccezione dei «Cahiers du cinéma», un po’ di più a quella internazionale, la quale invece non ha proprio considerato Oh, Canada l’omaggio di Paul Schrader a Russell Banks – peraltro assai sottovalutato anche da quella d’oltralpe.Il ritorno del regista canadese sulla Croisette, un thriller-horror dedicato alla moglie scomparsa

NON C’È DA STUPIRSI, nel primo caso soprattutto visto l’entusiasmo verso Emilia Perez, l’astuto (e fracassone) film di Jacques Audiard, confezionato come una collana di stereotipi di «genere» cinematografici e identitari. Ancora più inspiegabile risulta l’entusiasmo internazionale verso La fille à l’aguille del danese Magnus Von Horn, una sorta di pastiche sadico camuffato da femminismo e pretese autoriali di cui fa le spese la protagonista. Ma l’avventura del femminile, dal piacere all’abuso, è uno dei motivi di questo festival così esplicito da risuonare persino fasullo – vedi appunto Emilia Perez. O peggio ancora la declinazione in chiave body horror grottesca che ne fa forse il peggiore film visto sinora,The Substance di Coralie Fargeat, che è meglio credere sia stato selezionato per il cast, Demi Moore e Margaret Qualley, la prima star ormai invecchiata che perde la sua fama, la seconda il suo doppio giovane con culo tondissimo e seno incrollabile, generata grazie alla sostanza misteriosa del titolo. Una sorta di variazione sul mito di Faust a settimane alterne nella cinica società dello spettacolo – e non solo che giocando coi temi obbligati ne fa una grottesca parodia.
The Shrouds, dunque, il sudario. Non quello della Sindone – un falso dice Karsh – ma un dispositivo digitale che ha inventato per dare a chi rimane sulla terra la possibilità di vedere pure in 3D cosa accade ai loro cari dopo, lì sotto, nel suolo. Lo ha pensato per sua moglie, Rebecca detta Becca, morta per un cancro incurabile anni prima, un lutto che lui non ha mai superato, e infatti da allora vive in solitudine dedicandosi al ristorante che affaccia su questo cimitero iper tecnologico realizzato con la sua Grave Tech: tombe quadrate senza simboli religiosi, che somigliano a uno schermo al plasma, sul quale con un codice segretissimo i famigliari accedono e osservano le variazioni delle persone amate in una strana forma di VR nella bara, prolungando una relazione – che per lui con la moglie non si è mai interrotta. Finché qualcuno non vandalizza il cimitero hackerando l’intero sistema digitale: ma chi? E perché? La sorella della moglie, cospirazionista e stravagante che le somiglia in modo incredibile proprio come l’avatar assistente di Karsh, che finisce per permeare la sua testa – è in tutti i ruoli Diane Kruger.L’ autobiografia, dichiarata nel personaggio di Vincent Cassel, quasi un suo doppio, e ripropone nei frammenti del suo immaginario

O QUELLA strana donna bellissima, venuta per esportare Grave Tech a Budapest su richiesta del marito morente pure se lei essendo cieca non potrà mai vederlo? O ancora l’ex della sorella di Becca, super hacker geloso di Karsh, I russi,i cinesi? E poi è davvero morta di cancro Becca o è stato un complotto per fare esperimenti su di lei? Il corpo prima e dopo, i fantasmi e le ossessioni. La sua fisicità e la sua de-materializzazione. È solo paranoia quella del personaggio che si amplifica in ogni direzione come una specie di script da Intelligenza Artificiale impazzita? E se fosse invece dolore? Il sudario digitale compie opposto per cui è stato pensato: scopre il morto, svela l’umano nella sua materia mutante invece di celarlo allo sguardo del mondo, e tenendo vivo quel impedisce di elaborare la perdita. È la vita nella morte, la sua memoria e il suo rifiuto.

CON UNA TEXTURE elegante, controllatissima, Cronenberg si avventura nel caos del lutto,che è per primo il suo –la perdita della moglie Carolyn alcuni anni fa; e ne esplora i processi, le ansie, le paure, il desiderio che in questi corpi feriti si risveglia in una sessualità lancinante – come era in Crash riferimento esplicito più volte citato. Toccarsi contro la distanza di un digitale che mostra la morte al lavoro, cercando la promessa eterna – mito romantico di un Orfeo con Euridice – di vincere il tempo, di controllare con la visione ciò che rimane invisibile del corpo stesso, i suoi interni rosi progressivamente nell’ «altra parte».
Se Crimes of the future aveva riposizionato la dialettica della mutazione e la corrispondenza fra umano e tecnologia in una disillusa radicalità, con The Shrouds (prodotto dall’attivissimo e onnipresente Saint Laurent) Cronenberg ritorna al corpo come unica realtà possibile nella totalità virtuale producendo nella cifra della narrazione un nuovo detour. Le possibilità si moltiplicano come le storie, gli scheletri,corpi privati della forma esterna, si fanno loro malgrado alterità – il personaggio non andrà nemmeno fisicamente a controllare i danni – fantasmi dei ricordi o dei rimpianti. The Shrouds è un film raggelato, quasi una commedia dell’assurdo, attraversata da una impossibile tenerezza. Ciò che si perde, ciò che si è perduto, ciò che si deve lasciare andare. Anche Cronenberg – seppure in modo diversissimo da Coppola – riscopre i frammenti del suo cinema, in un rewind forward che somiglia alla vita, e che nella sua vertigine ne assume la resistente fragilità.