«Nulla è cambiato nella forza cinematografica che mi accompagna da quando sono bambino, è sempre lo stesso livello di eccitazione che supera qualsiasi cosa tranne forse la nascita dei figli» afferma un entusiasta Steven Spielberg alla conferenza stampa organizzata in occasione della consegna dell’Orso d’oro alla carriera alla Berlinale. Le domande dei giornalisti si susseguono per cercare di carpire qualche segreto sul talento indiscusso del regista americano, che insiste per continuare a rispondere anche quando il tempo sarebbe scaduto.

«La pandemia mi ha veramente spaventato, ho cominciato a pensare alla vecchiaia e alla morte. Ho capito allora che era il momento di realizzare un film sui miei genitori e sul bellissimo conflitto tra arte e vita, cosa che non avevo mai avuto il coraggio di fare, nonostante mia madre prima di morire mi dicesse “ti ho dato così tanti materiali!”». Il riferimento naturalmente è a The Fabelmans, l’ultimo lavoro del regista non ancora uscito nelle sale tedesche. «Qual è tra i miei film quello che preferisco? Non c’è, come per i propri figli. In ogni progetto c’è sempre stato un lato giocoso, un certo humor, anche in quelli più difficili. Non ritengo il cinema una terapia ma gli eventi traumatici possono essere espressi attraverso l’arte. Da bambino ero molto colpito dalla rottura dei miei genitori, sono esperienze che fanno parte delle decisioni chiave che ci fanno impegnare in qualcosa».

E prosegue: «Lo squalo è stato il film più faticoso fisicamente, Schindler’s List è stato per molto tempo il più emozionante. Truffaut un giorno mi disse: “Hai il cuore di un bambino, devi fare film con loro” e così è nato E.T. Oggi prendo molto spunto dai giovani cineasti, se devo dare loro un consiglio dico: cercate sempre di avere un buon copione, di riconoscere e raccontare storie interessanti, la scrittura è fondamentale. Un film è come un dipinto composto da tante pennellate, nessun elemento deve essere superfluo». Spielberg afferma poi di non sapere quale sarà il suo prossimo progetto, «una sensazione bella ma spaventosa», e termina parlando della Shoah Foundation, organizzazione nata proprio in seguito a Schindler’s List: «Ha raccolte testimonianza in tutto il mondo, da quelle armene a Sarajevo fino a quelle di Cambogia e Ruanda. Quindi l’archivio si è espanso oltre l’Olocausto ad altri genocidi. E la Germania, e in particolare Berlino, è stata la nostra prima sede europea nel 1994».