A destra rivendicano il ruolo del governo, a sinistra quello della mobilitazione, il M5S parla addirittura di fine di un incubo. Alla fine la sintesi migliore la fa Zerocalcare: «Sono contento della novità su Ilaria Salis, ma non può essere un “rompete le righe”. I domiciliari arrivano, inaspettatamente, prima delle europee. Rischiano però di far sembrare che la situazione sia risolta. Non è così: il processo finirà e il rischio è sempre quello di 20 anni di carcere in Ungheria».

La notizia esplode nel primo pomeriggio quando durante il question time alla Camera il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani (Forza Italia) comunica la decisione dei giudici di Budapest di concedere gli arresti domiciliari alla detenuta, in cambio di una cauzione di 40mila euro e con l’uso del braccialetto elettronico. «Spero che possa essere assolta e ritornare il prima possibile in Italia», continua Tajani. Gli fa eco il guardasigilli Carlo Nordio: «Vorrei manifestare la mia soddisfazione per la notizia».

Il governo può sorridere per due ragioni: la speranza che il caso si sgonfi e il risvolto elettorale, che rischia di innescare uno scontro istituzionale nel cuore dell’Unione europea, resti contenuto; la possibilità di rivendicare la strategia giusta, che per l’esecutivo italiano è sempre stata quella di insistere sulla richiesta dei domiciliari nella capitale magiara. La verità, però, è che tra il rigetto nell’udienza di fine marzo e la svolta di ieri è cambiata solo una cosa: la candidatura con Alleanza verdi sinistra. Un elemento di ulteriore politicizzazione in un caso che è stato politico sin dall’inizio.

E infatti il primo ad attaccare gli esponenti del governo di destra, in cui pure per molti mesi aveva confidato, è Roberto Salis, padre di Ilaria: «Paghiamo questi due ministri per lavorare per noi ma non abbiamo visto nessuna attività concreta per risolvere il problema di mia figlia da parte loro. Non ho dei sassolini nelle scarpe, ho della ghiaia grossa, ho i piedi insanguinati».

Nel centro-sinistra esulta la segreteria del Pd Elly Schlein: «Un primo passo importante, dopo una lunga detenzione in condizioni lesive della sua dignità. Ora speriamo possa presto rientrare in Italia, in sicurezza. E ci aspettiamo il governo si adoperi», scrive in una nota. «Adesso il governo si assicuri che la nostra concittadina possa avere un processo giusto e non diventi il capro espiatorio per soddisfare le posizioni di ultra destra dei supporter di Orbán», dichiara la deputata dem Laura Boldrini.

Per Ilaria Cucchi (Avs) «i domiciliari sono una bellissima notizia». Rilancia il collega di partito Marco Grimaldi: «Non staremo zitti e buoni, torni in Italia». I segretari di Sinistra italiana e Verdi insistono: «Portiamo Salis da Budapest a Bruxelles».