«È un processo politico organizzato dalla sinistra», sbraita Matteo Salvini raggiungendo il gruppo – all’esterno dell’aula bunker del carcere Pagliarelli – di cronisti, fotoreporter e troupe spagnole, quest’ultime giunte a Palermo da Madrid e Barcellona per assistere alla prima udienza del processo Open Arms.

«IO DI SOLITO IL SABATO sto con miei figli», sorride l’ex ministro degli Interni, che siede sul banco degli imputati davanti alla seconda sezione del Tribunale con l’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito due anni fa a 147 migranti e all’equipaggio dell’imbarcazione dell’Ong spagnola di sbarcare a Lampedusa, negando un porto sicuro. Al suo fianco, Giulia Bongiorno non ammicca. Anzi. Quando il senatore ripete la storiella del processo politico, il suo legale lo ferma. «Salvini si riferisce a quei parlamentari di sinistra che votando a favore dell’autorizzazione a procedere lo hanno mandato a processo, non certo ai magistrati, che fanno il proprio lavoro e che contrastiamo con tesi giudiziarie».

A UNA QUARANTINA DI METRI e dietro le transenne tenuti a vista da polizia e carabinieri, i ragazzi del movimento Our Voice alzano lo striscione «Signor Salvini è così che lei salva vite innocenti?», mentre sette loro compagni con un flashmob rappresentano la prepotenza del potere politico e del capitalismo verso le risorse dei paesi africani senza alcun rispetto per le persone. «L’Italia non aveva alcuna competenza sullo sbarco della Open Arms, perché la nave spagnola poteva benissimo dirigersi verso Malta, la Spagna o la Tunisia e invece ha preferito rimanere davanti alle coste italiane: ecco perché non esiste neppure il presupposto per potere contestare il reato di sequestro di persona» è la linea difensiva della Bongiorno.

L’AVVOCATO CERCHERÀ ogni volta che le sarà possibile di citare il caso Gregoretti: anche in quell’occasione Salvini fu accusato di sequestro di persona ma il Tribunale di Catania lo ha assolto «perché il fatto non sussiste». «Sono due processi gemelli», insiste Bongiorno. Di tutt’altro avviso la Procura di Palermo, che sostiene in aula l’accusa nei confronti dell’ex ministro.

QUELLO INIZIATO IERI SARÀ sicuramente un processo lungo e, contrariamente alle intenzioni dell’accusa, ci si muoverà ben oltre la vicenda strettamente processuale. Scegliendo, peraltro senza riservarsi la decisione, di ammettere tutti i testimoni indicati dalle parti, il Tribunale ha di fatto già scritto la linea. Sui tempi anzitutto, visto che sul banco dei testi sfileranno decine di persone: politici vecchi e nuovi, ex premier stranieri, 007 e perfino l’attore Richard Gere. Ma anche sulla piega che finirà per prendere la trattazione. Nonostante le argomentazioni contrarie illustrate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, i giudici senza prendere tempo e pronunciandosi subito dopo gli interventi delle parti, hanno autorizzato la citazione di tutti i testimoni.

Dall’ex primo ministro maltese Muscat, all’ex capo dell’Aise Carta, dal giornalista autore di reportage sui lager libici Nello Scavo, alla star Hollywodiana, travolgendo così i paletti messi dai pm che avevano tentato di circoscrivere l’oggetto del processo al divieto di sbarco dei 147 migranti. Le accuse a Salvini muovono da lì: dal non aver consentito, ad agosto del 2019, l’approdo dell’imbarcazione nel porto di Lampedusa, nonostante il Tar avesse annullato la decisione del Viminale di impedire il trasferimento a terra di profughi, donne e bambini stremati dalla traversata del Canale di Sicilia. Una linea, secondo i pm, decisa in solitudine dal ministro dell’Interno malgrado la ferma opposizione dell’allora premier Giuseppe Conte – tra i testi citati – che in una serie di mail aveva invitato il leader della Lega ad autorizzare lo sbarco immediato dei minori a bordo della Open Arms, anche alla luce della presenza della nave al limite delle acque territoriali.

DI QUESTO, DEL CAPO di imputazione e delle accuse a Salvini, secondo l’accusa si sarebbe dovuto parlare. E invece nel processo entrerà anche molto altro: il rischio di infiltrazioni di terroristi tra i migranti, ad esempio. La difesa del senatore ha chiamato a deporre l’ex capo dell’Aise che proprio su questo dovrà riferire. Solo che, fa notare la Procura, nessuna segnalazione in tal senso era giunta dai Servizi in merito alla Open Arms. Una testimonianza irrilevante, dunque, come, sempre secondo l’accusa, quella di Gere, che salì a bordo della nave per rendersi conto delle condizioni dei profughi e che, su richiesta del legale della ong, dovrà raccontare quanto visto.

«ABBIAMO TESTIMONI qualificati che potranno riferire le stesse cose, evitiamo spettacolarizzazioni», ha provato a obiettare il procuratore. Linea condivisa da Salvini che alla fine dell’udienza ha ironizzato sulla presenza in aula dell’attore: «Ditemi voi quanto è serio un processo dove verrà da Hollywood a testimoniare sulla mia cattiveria Richard Gere». E inutile per i pm è anche la citazione di Muscat, peraltro protetto dall’immunità diplomatica e quindi non soggetto agli obblighi previsti per i testimoni dalla legge italiana.

A CITARE L’EX PREMIER è stata la difesa di Salvini che vuol dimostrare che la Open Arms scelse arbitrariamente di arrivare a Lampedusa nonostante avesse la possibilità di attraccare a Malta. «Non ho parlato con Oscar Camps, non prendo lezioni da comandanti di navi che si sentono al di sopra delle leggi» ha chiosato Salvini davanti alla stampa spagnola che lo incalzava. Spingendosi a dire «in Italia ci sono diverse inchieste sui soldi che le Ong guadagnano con questa loro attività. Non vorrei che, al di là dell’umanità, dietro alle vicende dei migranti ci fosse un interesse economico». A Palermo il fondatore di Open Arms, Oscar Camps ha seguito la prima udienza in silenzio: «Il significato di essere qui è quello di ottenere giustizia. Non facciamo politica, salviamo persone».