La prima riunione della cabina di regia di palazzo Chigi sul piano Mattei regala tante suggestioni, altrettanti dubbi e una prima definizione, sia pure astratta, del progetto che ha in mente Giorgia Meloni. Cos’è il piano Mattei? Risposta della premier: «Una grande sfida strategica italiana».

Sono oltre 50 gli attori coinvolti tra politica, università, imprese e «terzo settore» nella cabina regia, un numero enorme che vorrebbe lasciar presagire magnifiche sorti per gli investimenti italiani in Africa, ma che dà in realtà la misura della grande confusione sulla «grande sfida strategica». L’occasione, dicono le solite veline di palazzo Chigi, è servita a ribadire «i sei pilastri» del piano (istruzione, sanità, acqua, agricoltura, energia e infrastrutture) e a fare l’elenco dei progetti pilota già avviati in nove paesi africani: Algeria, Repubblica del Congo, Costa d’Avorio, Egitto, Etiopia, Kenya, Marocco, Mozambico e Tunisia. In questo senso saranno fondamentali alcuni appuntamenti in arrivo.

Oggi il segretario generale del ministero degli Esteri Riccardo Guariglia partecipa a una riunione con gli ambasciatori africani in Tanzania e i titolari delle sedi dell’Aics (l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo). Domani, poi, Meloni sarà in Egitto con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. «Nei prossimi giorni sono previste ulteriori visite in Kenya, Marocco e Tunisia. In parallelo si sono svolte riunioni con le principali istituzioni finanziarie internazionali, che secondo me saranno molto importanti», ha aggiunto.

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«C’è un’iniziativa simile a quella che abbiamo portato avanti in Tunisia, un Memorandum of understanding anche in Egitto – ha detto ancora Meloni- C’è un lavoro di cooperazione bilaterale che verrà formalizzata nella giornata di domenica che riguarda il Piano Mattei in ambito agricolo e della formazione. Firmeremo anche una serie di intese e collaborazioni nei settori della salute, delle piccole e medie imprese e degli investimenti».

Si complicano invece i piani sull’accordo con l’Albania, dopo il no della Corte Ue alla procedura d’urgenza per evadere i ricorsi presentati contro i decreti del governo italiano. Le procedure del decreto Cutro, che dovrebbero essere applicate in Albania, sono per ora nel limbo e i tribunali non le applicano, rendendo quindi l’accordo con Tirana inefficace per almeno un altro anno. Dal Viminale, Piantedosi pensa di cambiare le carte in corsa: «Stiamo ragionando sulla riedizione del decreto» che tra le altre cose fisserebbe una cauzione di 5mila euro per i migranti che chiedono asilo, «prevedendo una gradazione dell’importo, valutando caso per caso» se arrivassero osservazioni dall’Europa. Il ministro, poi, dà una lettura tutta sua della decisione della Corte Ue che, a suo dire, «non è una bocciatura ma una prima certificazione che siamo sulla strada giusta». red. pol.