In Kenya non accennano a fermarsi le proteste contro la legge finanziaria 2024 che prevende un incremento della pressione fiscale di 2,7 miliardi di dollari a danno di una popolazione stremata da precedenti aumenti delle tasse scolastiche, inflazione, effetti della guerra in Ucraina e poi le piogge torrenziali di aprile e maggio.

LA SCORSA settimana sotto la pressione dei manifestanti il Presidente William Ruto aveva deciso di non firmare la legge, ma questo non ha placato le proteste che hanno portato finora alla morte di 24 persone. I feriti sono 361, 627 gli arresti e 32 sarebbero le persone sottoposte a detenzione extragiudiziale (rapite dalle forze dell’ordine). I manifestanti non si fidano, non vogliono esprimere una leadership perché storicamente le proteste in Kenya sono state guidate dalle élite, spesso sfociate in accordi di condivisione del potere che hanno prodotto alla fine scarsi risultati per la gente. Per questo gli attivisti, come Ojango Omondi del Social Justice Centers Working Group, ritengono di non dover «negoziare nulla. Tutto quello che vogliamo sono migliori condizioni di vita». Anche grandi associazioni come Kenya Human Rights Commission e Amnesty International in un comunicato hanno sostenuto che «molte delle richieste dei giovani GenZ non richiedono un dialogo politico ma un’azione esecutiva decisa».

MARTEDÌ 2 luglio i manifestanti sono scesi nuovamente in piazza per chiedere le dimissioni del presidente William Ruto. In un documento i giovani insistono a sostenere che il presidente non ha rispettato il «mandato costituzionale di proteggere il popolo keniano».
Le manifestazioni nel pomeriggio sono degenerate in violenza sia a Nairobi che a Mombasa e in altre città, con scontri tra manifestanti che hanno lanciato pietre contro la polizia e le forze dell’ordine che hanno risposto con gas lacrimogeni. Boniface Mwangi, uno degli attivisti, ha invitato i manifestanti ad andare a casa: a suo avviso «il governo ha lasciato che i looter (saccheggiatori, ndr) prendessero il controllo della manifestazione. Loro ricevono la protezione dello Stato mentre i manifestanti pacifici vengono picchiati, arrestati e persino uccisi».
Dopo le proteste della scorsa settimana, Ruto aveva incaricato il Ministero delle Finanza di trovare soluzioni per tagliare la spesa di 2,7 miliardi di dollari.

IL PRESIDENTE intende avviare un dialogo nazionale, ma i giovani non si fidano. Come spiega Ouma Obama prima di tutto il ritiro della legge «è una parola troppo grossa perché costituzionalmente il presidente non può ritirare una riforma: c’è un processo che coinvolge l’Assemblea nazionale. I giovani nelle strade sono attenti a ciò che sta succedendo». Il Parlamento ha 21 giorni per rivedere il testo, entro i quali se non vengono apportate modifiche questo viene promulgato così com’è. Anche le dimissioni potrebbero non portare alle conseguenze sperate perché come spiega l’avvocato Nelson Havi «le dimissioni del presidente non danno luogo ad elezioni suppletive, semplicemente verrebbe sostituito dal vicepresidente».
Domani sono annunciate nuove manifestazioni, ma iniziano ad emergere le difficoltà economiche legate alla paralisi delle città e delle attività economiche. Lo spiega il missionario Kizito Sesana: «Siamo in una fase difficile tutti stanno cercando di capire cosa fare: il governo non sa come procedere, il movimento è poco coeso, organizzato, chi si fa avanti come leader viene fermato dagli altri, c’è uno stallo, tutti vorrebbero il dialogo, ma siamo in limbo».