La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha ordinato all’Italia di trasferire in un luogo idoneo alla cura una cittadina straniera che da nove mesi si trova rinchiusa nel Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di Ponte Galeria. Chi l’ha incontrata sostiene che è totalmente incapace di intendere e di volere. Dovrà andare in una casa di cura.

«Nonostante l’evidente incompatibilità alla vita in comunità ristretta, la questura ha continuato a richiedere proroghe del trattenimento convalidate dal giudice di pace, lasciando la donna detenuta, da ottobre 2023, in una cella di isolamento», scrivono in una nota i legali della difesa e i medici promotori del ricorso. Nel quale hanno sostenuto che la detenzione amministrativa di una persona con problemi di salute mentale è contraria al divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti (articolo 3 della Cedu).

La corte, evidentemente, ha accolto questa argomentazione condannando, si legge ancora nella nota, la «logica manicomiale» con cui è stato utilizzato il Cpr. Quello di Ponte Galeria non è un caso: altri di natura simile sono stati registrati nelle analoghe strutture di Milano e Macomer.