«Riesco ad addormentarmi, ma se di notte mi sveglio è difficile riprendere sonno. Il cervello parte subito in qualche ragionamento: cosa dire lì, cosa fare là. Le elezioni sono stressanti. Ho perso già tre chili». Vestito scuro, camicia bianca a righe blu, cravatta rossa con fantasia geometrica. Rosso è anche lo zainetto che tiene in mano o in spalla. Sul bavero sinistro della giacca una spilla rotonda: Ilaria Salis Libera. Sua figlia è l’unica candidata alle europee che non può fare campagna elettorale. Lui è l’unico a fare campagna elettorale senza essere candidato.

A ROMA ARRIVA di buon mattino, ha un programma fitto, racchiuso tra una conferenza stampa in Campidoglio e un dibattito nel palazzo occupato di Spin Time: dalle istituzioni al movimento, il percorso opposto di quello che auspica per la figlia. È atteso anche in spazi sociali e culturali. Prima della capitale è stato all’ex Opg occupato di Napoli, al centro sociale Askatasuna di Torino, poi in Valsusa. Ha fatto tappa in Lombardia e Piemonte, in luoghi di natura diversa. Domenica nel teatro Buratto di Milano era seduto tra Carola Rackete e Nicola Fratoianni. La prima lanciava allarmi sul disastro ambientale, il secondo attaccava la deregolamentazione del mercato del lavoro. In mezzo lui – che non troppo tempo fa su X scriveva «se il clima non cambiasse la vita cesserebbe» e citava l’ultraliberista Milton Friedman – con un solo pensiero in testa: liberare la figlia. «Nessuna delle migliaia di candidati in tutta Europa ha una motivazione forte come la mia», ha scandito nel capoluogo meneghino.

La spilla sulla giacca di Roberto Salis, foto Ansa

A Roma prima di iniziare il tour de force incontra il manifesto. «Sta andando bene, riusciamo ad aggregare tante forze esterne ad Avs. Intorno a Ilaria vedo un interesse molto forte. Sono convinto che la voteranno persone rimaste lontane dalle urne per anni o che non ci sono mai andate. A Milano i suoi compagni stanno preparando delle slide: non su come si vota, su come si chiede la tessera elettorale», dice. E gli scappa un sorriso.

La redazione consiglia:
«Sappiamo che lottare costa». La Valsusa sceglie Ilaria Salis

NATO NEL 1966 a Cagliari, Roberto Salis ha lasciato la Sardegna 40 anni fa. Vive a Monza, insieme alla moglie con cui ha avuto tre figli. È un ingegnere. Prima faceva il manager, poi si è occupato di consulenza aziendale da libero professionista. Dopo l’arresto di Ilaria, l’11 febbraio 2023, ha messo da parte il lavoro. Lui che dieci anni prima si era candidato alle politiche con «Fare per fermare il declino», partito liberale e liberista fondato tra gli altri da Oscar Giannino, è partito in battaglia da est a ovest, da nord a sud per difendere una figlia accusata di aver picchiato dei nazisti e liberarla da guinzagli e catene. All’inizio sperava di ricevere aiuto dal governo, magari in nome dei valori liberali che pure condivide. Invece è finito a parlare di elezioni nei centri sociali, «è come avere Ilaria di fronte, siete soltanto di più», ed emozionarsi davanti ai 10mila del Primo Maggio «libero e pensante» di Taranto che acclamano la figlia.

Per lei ha messo in stand by le sue idee politiche. Si arrabbia quando ricorda i tanti che gli hanno chiesto di restare in silenzio. Attacca il portavoce del governo magiaro Zoltán Kovács e il ministro degli Esteri di Budapest Péter Szijjártó perché «hanno già emesso un verdetto». Se la prende con il titolare della Farnesina Antonio Tajani che ieri gli ha detto: «la figlia ringrazia l’ambasciata, mentre lui ci attacca perché fa campagna elettorale». Roberto sostiene che dell’ambasciata Ilaria ha ringraziato solo il funzionario che appena possibile le ha portato vestiti e aiuto.

La redazione consiglia:
Ilaria Salis contro il sogno ungherese di Giorgia Meloni

INTANTO AL PRIMO PIANO dell’assessorato in via del Tempio di Giove il gruppo capitolino di Avs annuncia una mozione per proiettare l’immagine di Ilaria Salis sul Palazzo Senatorio. L’europarlamentare Massimiliano Smeriglio, candidato con Avs al centro e al nord-ovest, da un lato lancia l’allarme «sull’intesa stretta domenica in Spagna tra i conservatori guidati da Giorgia Meloni e le altre estreme destre europee», dall’altro rassicura che «Ilaria prenderà una barca di voti, ma se qualcuno arrivasse prima si dimetterebbe. Lei è in galera, noi no». Marilena Grassadonia, anche lei candidata Avs, sottolinea l’impegno di tutto il partito e di una comunità ampia intorno a questa sfida, «che mi rende orgogliosa come donna, transfemminista e antifascista».

Roberto si dice colpito dai candidati che in giro per l’Italia si mettono a disposizione di sua figlia. E ricorda: «L’obiettivo più importante è il quorum nazionale del 4%. Per questo sto andando ovunque. Chi vuole sostenerla deve crociare il simbolo di Avs in tutta Italia». Dal partito fanno sapere che superato lo sbarramento il primo seggio scatterà a nord-ovest, «perciò l’abbiamo candidata lì».

La redazione consiglia:
Fratoianni (Avs): «Alzare la voce è servito. Ora bisogna eleggere Ilaria Salis»

NELLA LIBRERIA Giufà di San Lorenzo Christian Raimo, altro candidato rosso-verde nella circoscrizione centro, sottolinea che «la vicenda non è personale o solo umanitaria, ma politica. Ilaria Salis era nell’Ungheria dei pogrom contro i rom e delle marce neonaziste per una questione politica che non deve essere rimossa». Dopo un passaggio dalla storica associazione Grande Cocomero, Roberto entra nell’atelier autogestito Esc dove si sente ripetere la parola «solidarietà». È rivolta a sua figlia. Ringrazia.

Durante il dibattito a Spin Time accanto a lui parlano di diritti lgbtqia+, questione sociale, islamofobia, Palestina. Qualche volta condivide e applaude. Più spesso resta impassibile e ascolta. «Per me c’è una linea rossa: i fascisti stanno dall’altra parte. Con mia figlia non sarò mai d’accordo sulla gestione del sistema sanitario, ma tra antifascisti si possono raggiungere compromessi. Con quegli altri non si può e non si deve parlare».

La redazione consiglia:
«Votiamo Ilaria». Gli appelli da chi non ti aspetti

IL TEMPO VOLGE al termine. C’è un treno che aspetta. «Dobbiamo risolvere alcune cose pratiche legate ai domiciliari, vedere se il bonifico è arrivato – dice – Domani vado a Budapest».