L’Italia non ha ancora ufficializzato il nome del commissario europeo, quasi unico tra i grandi paesi Ue. Con una lettera inviata ieri mattina ai governi dei Ventisette, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dettato i tempi: la data finale per l’indicazione dei nomi da parte delle capitali è fissata al 30 agosto, ma già dalla metà del prossimo mese von der Leyen ha intenzione di cominciare ad incontrare e valutare i futuri commissari. Tra i quali per ora si registra a Roma una casella vuota.

È vero, le indicazioni arrivate finora da almeno un terzo delle capitali europee sono puramente anticipazioni e in diversi casi riconferme. Dal governo italiano si fa notare che la partita per i commissari si apre formalmente solo adesso. La designazione spetta ai governi nazionali ma poi le competenze saranno oggetto di negoziati tra i leader, Meloni nel nostro caso, e la presidente della Commissione. L’Eurocamera conferma che le audizioni dei singoli commissari potrebbero avvenire tra metà settembre e metà ottobre e che il voto finale sul collegio arrivare entro novembre. Insomma, l’idea che Palazzo Chigi fa trapelare è che la partita delle nomine è solo all’inizio.

Però il governo italiano arriva indebolito all’indicazione per il commissario, dopo il no degli eurodeputati FdI all’Ursula-bis e la precedente astensione della premier in Consiglio. Una sconfitta per gli esponenti del governo più favorevoli al dialogo Ppe-FdI, rappresentati dal leader di Forza Italia Antonio Tajani e dal ministro Raffaele Fitto. Quest’ultimo, esponente di FdI ma con un passato berlusconiano, ha un profilo sicuramente europeista e rimane il candidato più quotato per occupare la casella italiana, senza rivali proposti dal resto del centrodestra. Però le incognite per lui non mancano. Forse proprio per questo il ministro degli Esteri Tajani non perde occasione per blindarlo, definendolo «il più indicato» a ricoprire il ruolo ed escludendo eventuali rimpasti di governo che il suo trasferimento a Bruxelles potrebbe comportare.

Oltre a scontare la cattiva gestione del rapporto con Ursula da parte di Meloni, il candidato Fitto potrebbe avere un intoppo a Bruxelles riguardo alle deleghe. Le competenze desiderate da Roma – quelle al Bilancio, Pnrr e coesione – collimano pericolosamente con quelle su cui ha messo gli occhi Thierry Breton, candidato di Macron, che vorrebbe tenere per la Francia le pesanti deleghe sulla competizione e il mercato interno.

È qui che entra in campo la seconda possibilità con cui von der Leyen, qualora ce ne fosse bisogno, può tentare Roma sul tavolo delle trattative: quella del nuovo commissario per il Mediterraneo. Una figura che Ursula sembra aver tagliato su misura per l’Italia e che dovrebbe occuparsi tra l’altro di migrazioni sulle rotte del Nordafrica e Medio oriente. «Il portafoglio separato è stato creato da von der Leyen dietro nostra sollecitazione», rivendica il presidente cipriota Nikos Christodoulides, interessato al posto per il suo paese, mentre anche il premier greco Kyriakos Mitsotakis fa sapere di guardare con attenzione al nuovo ruolo.

Competizione con Cipro e Grecia a parte, «molto dipenderà dalle deleghe che saranno attribuite al commissario», evidenzia da Bruxelles una fonte Ppe scettica sulla reale consistenza di un «piano B» che potrebbe interessare all’Italia. E poi, la lettera inviata ieri da von der Leyen, introduce la variabile dell’equilibrio di genere, chiedendo di presentare due nomi, uno maschile e uno femminile. Un problema in più per Palazzo Chigi? Sembra di no, dato che diversi paesi, a partire dall’Irlanda, declinano l’invito, ricordando che i trattati Ue assegnano le nomine per la Commissione esclusivamente alle capitali.

Unico nome femminile finora circolato sul versante italiano è quello di Elisabetta Belloni, ora alla guida dei servizi di sicurezza come direttrice del Dis. Un tecnico, quindi, che ha attraversato governi di diverso colore e potrebbe rappresentare un profilo moderato, gradito alla stessa von der Leyen, oltre che adatto al ruolo di commissario per il Mediterraneo. Resta solo da capire se i tempi lunghi e le incognite dell’estate, a Roma e a Bruxelles, gioveranno a colui che era e resta il piano A di Meloni: Raffaele Fitto.