Pochi posti come la Val di Susa possono accogliere così bene la storia di Ilaria Salis. Oltre ai tanti anni di militanza che legano la giovane antifascista ai territori No Tav c’è la persecuzione giudiziaria che sta subendo in Ungheria.

IN VALSUSA tutti hanno almeno un conoscente finito nelle vie della legge. Molto è stato fatto nei decenni per impedire alle persone di manifestare il proprio dissenso verso un’opera ritenuta inutile e impattante per l’ambiente. Processi, accuse spropositate, anche di terrorismo e decine di fascicoli aperti. Una di queste tante persecuzioni riguarda un’altra donna, Dana Lauriola. Nel 2012 per aver bloccato un casello per venti minuti, parlato al megafono durante una manifestazione pacifica sulla Torino-Bardonecchia è stata condannata a due anni di detenzione. Ha fatto otto mesi di carcere prima dei domiciliari. L’attivista e portavoce del movimento modera un incontro emozionante, lo dice subito Dana: «La valle sa quale è il prezzo che si paga per la lotta, ma noi ci siamo sempre stretti e abbiamo fatto comunità. Ilaria è qui con noi in qualche modo».

L’EMOZIONE è anche di Roberto Salis presente insieme alla madre di Ilaria. E del pubblico, più volte gli applausi di una sala piena interromperanno l’incontro. Si apre con le parole di Ilaria, parte del lungo diario che l’attivista sta scrivendo in questi mesi di prigionia forzata in cui i piccioni e i soggetti inanimati sono i suoi unici e silenziosi interlocutori, in cui, ha scritto, «il tempo è fermato, il dentro e fuori cessano di esistere». Tutti sono qui per Ilaria, per il volere che spesso ha rivolto al padre in questi mesi di carcere, incontrare la valle: «Mia figlia vi saluta tutti. Questo luogo è stato fondamentale per la sua formazione politica e soprattutto come donna. Vi porta nel cuore», ha detto Roberto Salis commuovendosi, in giro per l’Italia tutti i giorni, ma «nel posto in cui voleva più venire».

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MERCOLEDÌ il tribunale di Budapest ha concesso all’antifascista italiana gli arresti domiciliari, sempre in Ungheria, fino alla sentenza di primo grado. «Ci sono varie opinioni sul perché di questa decisione. Il ministro Tajani è convinto che sia merito suo, ognuno è piccolo quanto riesce ad essere», mettere subito in chiaro Salis. In realtà poco è cambiato: Ilaria rischia ancora ventiquattro anni di carcere. L’obiettivo è quindi per Salis e gli avvocati, lo stesso, quello della candidatura, l’unica cosa a non essere più la stessa è infatti avvenuta il 18 aprile quando Avs ha deciso di candidarla per le elezioni europee: «C’è chi non ha apprezzato la candidatura, ma lei è stata in silenzio per quasi undici mesi, adesso bisogna far rumore. È stata considerata dalla diplomazia italiana come una zecca rossa. L’impressione che ho avuto è che nessuno voleva affrontare la questione». E ricorda quel 29 gennaio Roberto Salis giorno in cui si vede Ilaria in catene: «Prima c’erano state quattro udienze in cui era avvenuta la stessa cosa, con la presenza dell’ambasciata italiana, nessuno ha pensato di riferire niente».

A DIFFERENZA di altre vicende per cui in Italia il processo non sarebbe mai partito, come quella di Alessia Piperno arrestata in Iran per aver filmato una manifestazione o dell’hostess finita in carcere in Arabia Saudita per il possesso di uno spinello con l’accusa di traffico di stupefacenti, la vicenda di Salis è stata ignorata per molto tempo. «Ma Ilaria è un caso politico, contraria a questo governo e contraria al governo di Orbán. Perciò si è deciso che poteva passare dei giorni di inferno. Perché loro sono d’accordo con quello che sta facendo il premier ungherese». Ilaria è stata denudata, ha subito quello che può essere definita tortura, spiega il padre: è stata per otto giorni senza sapone, carta igienica e assorbenti quando le servivano. Rivestita di abiti sporchi e puzzolenti. «Non abbiamo parlato con lei per sette mesi».

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E SI DISCUTE a più riprese dell’Ungheria, paese europeo che ha al suo interno delle forze antidemocratiche uniche nell’Unione. Il contesto è quello di un paese in cui ci sono partiti più a destra di Orbán che chiedono la messa al bando delle organizzazioni antifasciste al pari di quelle terroristiche: come se in Italia Forza Nuova chiedesse la messa al bando dell’Anpi.

«CI SEMBRANO cose lontane ma più volte gli attivisti del movimento No Tav sono stati accusati di appartenere a gruppi eversivi mirati a indebolire e colpire lo Stato, al pari dei terroristi. Un meccanismo che si sta riproducendo sempre di più nei territori europei e che colpisce un numero crescente di attivisti», spiega Dana. «Ilaria non è una persona che fa parte del sistema, ma vuole cambiarlo questo maledetto sistema. A lei serve questo voto, ma serve anche a noi, per la sua storia per quello che rappresenta». La sala applaude tutta e la valle sembra convinta del suo voto.