Emmanuel Marre e Julie Lecoustre al loro primo lungometraggio filmano l’attrice Adèle Exarchopoulos nei panni d’una assistente di volo di nome Cassandra che lavora a contratto per una compagnia di fantasia ma disegnata calcando i tratti del più spregiudicato dei vettori low cost. È del resto su un volo Ryan Air che Julie Lecoustre sostiene di aver avuto l’idea del film.

LA SCENA è la seguente: allo squillo dell’allarme che avverte la fine della fase di decollo, un’assistente di volo, fino a quel momento seduta con aria affranta, scatta in piedi e, cancellando in un istante i propri crucci, si mette a disposizione dei viaggiatori con il sorriso sulle labbra. Di quest’immagine il film fa una sorta di matrice, ripetuta e declinata in molti modi. Dagli affetti, alla percezione della vita, al modo di conoscere il mondo, in ogni aspetto il personaggio di Cassandra non vive una vita continua, ma piuttosto dei segmenti d’esistenza senza legame l’uno con l’altro, sfogliati e dimenticati come i profili delle applicazioni per gli incontri occasionali.

COME SI GIRA un film sul cinismo del mondo senza cadere a sua volta nella trappola d’osservare altezzosamente il mondo e chi lo abita? La prima e unica regola, è restare all’altezza esatta del proprio personaggio. E, se possibile, amarlo un po’.
È certo il caso di Marre e Lecoustre che lavorano in questo film su un terreno impuro tra la finzione e il documentario. Il personaggio di Cassandra è stato costruito immergendo l’attrice Adèle Exarchopoulos in una serie di situazioni molto simili a quelle che vive una giovane assistente di volo, circondandola d’un cast di vero personale d’una compagnia aerea. Il risultato è un film fatto di momenti più che d’un intrigo in senso classico.

 

Momenti che hanno un senso forte in sé, anche se non producono in ultima analisi una morale della favola. Non è dato sapere cosa in fondo Cassandra pensi della propria vita. Se sia sincera quando fa l’elogio dello sradicamento. Se sia seria quando, raccontando la sua vita sentimentale agli amici, definisce un incontro occasionale di due ore «una relazione affettiva». Oppure se il suo lavoro sia una maniera per fuggire da se stessa e dalla propria sofferenza. Certo nessuno meglio di Adèle Exarchopoulos  poteva portare allo schermo un personaggio così diretto, trasparente e al tempo stesso enigmatico.
Il titolo originale del film è Rien à foutre, ovvero, alla lettera, chissenefrega. Ora, da tradizione, non è Cassandra a dire «chissenefrega», ma piuttosto quelli che lei cerca di avvertire. Ma di che cosa ci avverte? Nel volo low cost c’è una sorta d’assurda promessa: ottenere a basso prezzo una cosa di per sé costosissima, ovvero volare nel cielo seduti a 800km l’ora. Il risvolto paradossale di questo lusso per tutti è che l’alto e il basso devono coincidere in ogni momento. I viaggiatori sono trattati al tempo stesso come ospiti privilegiati e come pezzenti. In svariati momenti, il film mette in scena questa buffa dialettica con efficacia, senza scadere nella macchietta. È un avvertimento che vale soprattutto per il cinema. Uno dei problemi principali che Marre e Lecoustre incontrano nel loro lavoro è quello di fare un cinema a basso costo ma non low cost.

AL CONTRARIO, è low cost la scelta del distributore italiano che, decidendo di doppiare il film dall’inizio alla fine tutto in italiano, azzera con un tratto di penna tutti i momenti in cui gli assistenti di volo, ognuno di nazionalità diversa dall’altro, discutono ognuno nel proprio inglese. Come se quello che si dice in quelle scene fosse più importante di come lo si dice, mentre ovviamente è vero il contrario. La pratica del doppiaggio è sempre assurda e andrebbe bandita una volta per tutte; in casi come questi, è particolarmente odiosa, perché cancella con brutalità un elemento importante del realismo del film.