Per comprendere la crisi strutturale, ogni giorno più grave, che affronta Mirafiori iniziamo dai numeri. I volumi produttivi misurati nel primo trimestre del 2024 sono pari a 12.680 unità rispetto alle 25.900 del 2023: un calo del 51 per cento. La parte del leone l’ha fatta ancora la Fiat 500 elettrica, che con 11.360 auto prodotte ha coperto il 90 per cento dei volumi dello stabilimento, il resto è rappresentato dalle produzioni Maserati con 1.320 unità. Ma il 31 marzo il Levante è uscito di produzione e quindi resta in ballo la sola 500 elettrica. Poco, troppo poco, per una fabbrica che per sopravvivere avrebbe bisogno citando, il ministro del Made in Italy Adolfo Urso, di «almeno 200 mila vetture».

SENZA RISPOSTE concrete da parte dei vertici di Stellantis continuerà l’agonia della grande fabbrica di Torino, la decaduta capitale dell’auto: cassa integrazione a rotazione, nessun modello all’orizzonte e altri paventati dirottati altrove (l’ultimo è la city car Leapmotor diretta verso la Polonia), nessuna assunzione e un’età media della forza lavoro pari a 56 anni, tanto che nei prossimi sette anni il 70% degli operai delle carrozzerie andrà in pensione. Negli anni Settanta si sfiorarono i 70mila dipendenti, ora sono 15mila scarsi se si conta il bacino complessivo, meno (poco più di 11 mila) quelli che lavorano nell’immenso perimetro oltre corso Giovanni Agnelli. A fine 2023, in una prima iniziativa unitaria di Fiom, Fim e Uil, dopo 13 anni di divisioni, i sindacati avevano fatto il punto sullo stato di crisi di Mirafiori. Se fino ai primi anni 2000, qui, si producevano 200mila autovetture con sei tipi di modelli, nel 2023 a Mirafiori non hanno raggiunto le 100mila: 78mila unità per la 500 elettrica e solo 8.700 per i modelli a marchio Maserati che, negli anni di Marchionne, avrebbero dovuto trainare il fantomatico «polo del lusso». Nel 2008 lavoravano 21mila persone, il 29% in più rispetto alla stima più recente di 15 mila addetti.

MANCA UNA STRATEGIA, manca un’identità. In quella sineddoche sostanziale che è stata Mirafiori per Torino nel corso del Novecento, quando – a fine dello scorso secolo – la città si smarrì cercando nuove bussole (talvolta meteore) come il terziario, la fabbrica proseguì per inerzia. Lo ha fatto ancora per qualche anno, grazie anche agli aiuti pubblici, compresi quelli degli enti locali. Ora – con il disimpegno di Stellantis e degli eredi della famiglia Agnelli – Mirafiori è orfana di ogni prospettiva. Tali non possono considerarsi il Battery center inaugurato a settembre, che vede impegnati al testing e allo sviluppo delle batterie del futuro 100 addetti, o l’hub di economia circolare, aperto a novembre, per rigenerare la componentistica usata o l’appena inaugurato – alla presenza dell’ad Carlos Tavares – nuovo reparto di trasmissioni elettriche per motori ibridi (eDct).

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SI PARLA DELL’ARRIVO della 500 endotermica e in cantiere ci sarebbe il restyling della 500 elettrica. Chissà, nel 2010 in pochi mesi il piano di produrre la 500L a Mirafiori fu spostato, per convenienza, in Serbia e quella promessa mancata segnò l’inizio della perdita di centralità di Mirafiori. Tante le promesse non mantenute. Nel frattempo, si vive di cassa: cig per i lavoratori della 500 elettrica e contratti di solidarietà per quelli che lavoravano sul Levante. La cassa a rotazione iniziata il 12 febbraio per 2.240 lavoratori delle Carrozzerie è stata prolungata al 20 aprile. E, a proposito di esuberi, a fine marzo è stata siglata – a esclusione della Fiom che non ha firmato – un’intesa tra azienda e sindacati per l’uscita volontaria incentivata di 1.520 lavoratori, tra questi 733 uscite incentivate negli Enti centrali e 300 alle Carrozzerie.

Servono risposte, servono un nuovo modello e nuove assunzioni anche negli Enti centrali. L’azienda chiede, invece, incentivi. Intanto, dell’agonia di Mirafiori soffre tutto l’indotto. C’è il caso della Lear di Grugliasco, specializzata in sedili per automobili, e segnata dalla contrazione di Mirafiori. La cassa integrazione per gli oltre 400 lavoratori, ieri in piazza, andrà avanti fino alla fine dell’anno, poi, se non si troverà una soluzione, si rischierà la chiusura. O il caso della Delgrosso di Nichelino che produce filtri per le auto: è stata inviata l’istanza di liquidazione e per 108 famiglie la situazione è disperata. Un quadro che potrebbe allargarsi sempre più a macchia d’olio.