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Meloni vede Cingolani e sull’energia chiama in soccorso l’Europa

Meloni vede Cingolani e sull’energia chiama in soccorso l’EuropaGiorgia Meloni – Ansa

Energia La leader di FdI: «Sfide difficilmente affrontabili dai singoli stati». E duetta con Draghi sulla collaborazione tra forze politiche.

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 5 ottobre 2022

Sarà una coincidenza ma ancora una volta, ed è l’ennesima, Mario Draghi e la donna che probabilmente ne prenderà il posto parlano la stessa lingua, battono sul medesimo tasto. «La politica italiana sa ottenere grandi risultati quando collabora tra forze politiche di colore diverso. Il Pnrr non è il piano di un governo ma di tutta l’Italia», afferma il presidente del consiglio uscente. «Dalla necessità di concorrere tutti, pur nelle differenze, è necessario ripartire per affrontare le difficili sfide che l’Italia ha davanti», duetta la premier in entrata.

Non si tratta solo di afflato comune. Su Facebook la leader tricolore torna sul problema che è in testa all’agenda dettata dalla realtà, la crisi energetica e il conseguente aumento delle bollette. La formula che suggerisce la leader politica più sovranista che ci sia in Italia è identica a quella del premier più europeista: «La crisi energetica è una questione europea e come tale dovrebbe essere affrontata. La Ue dovrebbe gestire le grandi sfide difficilmente affrontabili dai singoli Stati. Azioni di singoli Stati tese a sfruttare i propri punti di forza rischiano di interferire nella competitività delle aziende e creare distorsioni». Insomma un inno alla cooperazione comunitaria e un anatema scagliato contro chi si rende reo di scelte egoiste e sovraniste. Draghi stesso non avrebbe saputo dirlo meglio.

SE A QUESTO SI AGGIUNGE che FdI tiene duro sulla decisione di portare al governo un bel drappello di tecnici, non l’esercito di cui si era favoleggiato qualche giorno fa ma pur sempre 4-5 ministri di peso e parecchi sottosegretari, si capisce come inizi a serpeggiare l’idea di una continuità sin troppo pronunciata tra il governo di Draghi e quello, eventuale, di Meloni. Un governo, appunto, che tra pilota automatico sull’economia e invasione dei competenti rischia di configurarsi come semitecnico. Lo stesso lavoro a stretto contatto con il ministro dell’Energia Roberto Cingolani, che comunque non sarà confermato ministro e pare neppure lo voglia, depone in quel senso e i due si sono incontrati anche ieri.

Per una parte della base del centrodestra è un po’ troppo o potrebbe diventarlo presto. La sorella d’Italia corre dunque ai ripari. Assicura che non ci sono «inciuci» con Draghi e quasi certamente è vero ma non è questo il punto. Via della Scrofa fa filtrare che ancora non è stato deciso chi rappresenterà l’Italia al Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre ma le proposte saranno comunque frutto del lavoro del governo uscente. È un modo per dare a Cesare quel che gli spetta ma anche per tenersi le mani libere nel caso si provasse a rimettere le mani nel Pnrr.

SULL’ACCUSA DI STARE lavorando a un governo tecnico o quasi la tricolore è tassativa: «Se la presidente del consiglio è politica il governo è comunque politico per quanti tecnici possano esserci al suo interno. Comunque figure elette nelle liste come Giulio Terzi o Marcello Pera vanno considerati politici». In realtà Fratelli d’Italia ha tanta poca voglia di rinunciare a un governo politico quanto Lega e Forza Italia. Ma Meloni è convinta che un governo rapido ed efficiente sia parte integrante della sua offensiva politica ed è un obiettivo che difficilmente può essere raggiunto con politici ai posti di comando.

NON CHE LA PARTITA sulla composizione del governo langua. Anzi sta per entrare nel vivo. Nulla obbliga la destra a scegliere i presidenti delle Camere lo stesso giorno dell’inaugurazione del Parlamento, il 13 ottobre, ma non farcela o andare troppo per le lunghe sarebbe per l’astro tricolore una pessima figura e un viatico anche peggiore. Ieri Matteo Salvini ha riunito il Consiglio federale della Lega: solo compito garantire pieno appoggio al capo nelle trattative e alla fine dei lavori Giancarlo Giorgetti, in corsa per Montecitorio mentre palazzo Madama è già quasi ipotecato da Ignazio La Russa, s’incarica di candidare Salvini al Viminale, giusto pro forma, mentre il Carroccio non fa nomi ma mette sul tavolo solo i ministeri: Interni, Affari Regionali, Agricoltura, Riforme e altro ancora. Intanto la sciarada delle caselle prosegue. Per gli Esteri Antonio Tajani sembra ormai a un passo dall’obiettivo mentre Giovanbattista Fazzolari, il Fratello più vicino a Giorgia Meloni, potrebbe finire all’Attuazione del programma e Guido Crosetto al Ministero dello sviluppo economico o all’Energia.

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